" ... Il libro della vita comincia con un uomo e una donna in un giardino e finisce con .... l'Apocalisse"

Oscar Wilde

lunedì 13 dicembre 2010

S.A.P. : la Sindrome di Alienazione Genitoriale (I parte)



“ Avrei tanta voglia di vedere mio padre, ma mi sento come una prigioniera, avrei l’impressione di tradire mia madre e forse lei mi respingerebbe definitivamente …” (A. 26 anni, vittima di SAP)

In un processo di separazione i genitori, trovandosi a prendere decisioni che riguardano la vita dei figli, dovrebbero assumersi fino in fondo la responsabilità delle proprie scelte e non spostare sui figli l’onere e il peso della scelta, ponendoli così in una posizione di conflitto con il dilemma di scegliere tra mamma e papà.

Meno ancora è accettabile l’atteggiamento manipolatorio del genitore che cerca di arruolare il figlio contro l’altro genitore sminuendone e denigrandone la figura.

Il conflitto tra i genitori mette inoltre a rischio lo sviluppo psichico dei figli: è quindi importante per i genitori avviare un processo evolutivo che renda possibile separarsi come coniugi, rispettarsi come genitori al fine di collaborare nell’educazione dei figli.

La Sindrome di Alienazione Genitoriale descritta per la prima volta da Richard Gardner nel 1985, che solo da pochi anni viene osservata anche nei nostri tribunali, consiste nel rifiuto da parte del minore ad incontrare un genitore.

Per districarci nel complesso mondo della SAP è, quindi, imprescindibile la necessità di partire da un’analisi della conflittualità genitoriale, dalle aggrovigliate motivazioni che la sottendono, come base su cui si strutturano quegli aspetti patologici di cui la SAP è l’esempio più eclatante.

Nella letteratura è ormai condiviso che la separazione ed il divorzio non possono essere considerati eventi “puntiformi” ma “processi” che comportano un’evoluzione delle relazioni familiari sul piano coniugale, su quello genitoriale e su quello riguardante l’ambiente esterno, la famiglia d’origine e gli amici.

Il principale compito che la famiglia separata si trova infatti ad affrontare è la riorganizzazione delle relazioni familiari a livello coniugale e genitoriale. Per poter gestire il conflitto emergente dalla separazione in maniera cooperativa, a livello coniugale la coppia, come già in altri post ho sottolineato, deve elaborare il fallimento del proprio legame, il divorzio psichico. Contemporaneamente a livello genitoriale è necessario che gli ex coniugi continuino a svolgere i ruoli di padre e madre e a riconoscersi come tali ed instaurare un rapporto di collaborazione e cooperazione per tutti gli aspetti che riguardano l’esercizio della genitorialità. Molto spesso però questo non accade e la battaglia esce e si protrae fuori dalle porte del Tribunale innescando nel bambino una suddivisione dei propri genitori in un “genitore buono” e in un “genitore cattivo”.

La conflittualità che molto spesso accompagna le separazioni coniugali rende ciechi i genitori dei bisogni effettivi ed affettivi dei propri figli: la separazione dei genitori significa per il bambino avere un padre ed una madre che non si amano più innescando in lui conflitti e domande sul se sia giusto continuare ad amare entrambi dal momento che loro non si amano più. Molte volte i genitori, consciamente o inconsciamente, quando si contendono l’affidamento del bambino lo “chiamano” ad effettuare una scelta tra di loro.

Quando i genitori non riescono a superare la crisi personale innescata dalla separazione e quindi trovare dentro di sé motivi di autostima, sospinti anche da motivazioni di conflittualità latente, hanno bisogno di definire il coniuge negativamente e quindi anche di definirlo “inidoneo” nel ruolo genitoriale. Da qui la sempre più frequente denigrazione dell’altro genitore agli occhi del figlio e la richiesta, formulata in modo più o meno esplicito, che anche il figlio contribuisca a tale definizione scegliendo lui come unico genitore.

Nei casi di alienazione genitoriale non vi è alcuna possibilità di collaborazione in quanto gli ex coniugi si danneggiano l’un l’altro e soprattutto danneggiano il figlio attraverso un conflitto aspro che si manifesta con squalifiche e denigrazioni reciproche, battaglie giudiziarie interminabili.

Questi figli non esistono più solo per loro stessi ma come oggetto di conflitto tra i due genitori

La rabbia è così intensa che nessuno dei due può accettare i diritti dell’altro neanche come genitore: l’ex coniuge è semplicemente un nemico da eliminare dalla propria vita e anche da quella dei figli, da qui il loro arruolamento all’interno di “triadi rigide”:

  • La coalizione => È definita come l’unione tra due persone a danno di un terzo. Uno dei genitori si allea con un figlio in una coalizione rigidamente definita contro l’altro genitore. Nel caso delle famiglie separate possiamo osservare, frequentemente, una coalizione madre – figlio che esclude il padre. Sono i casi in cui i figli arrivano a rifiutare ogni forma di dialogo e anche di incontro con l’altro genitore.
  • La triangolazione => È definita come una coalizione instabile in cui ciascun genitore desidera che il figlio parteggi per lui contro l’altro; quando il figlio si schiera con uno dei genitori, l’altro definisce la sua presa di posizione come un tradimento. Se c’è una triangolazione, il figlio rimane come paralizzato in quanto cerca di dare ragione e affetto sia all’uno che all’altro.
  • La deviazione => Due persone in conflitto tra loro spostano il conflitto su un terzo. Nelle famiglie separate in cui il conflitto non è esplicitato per cui non è possibile negoziarlo e risolverlo, il figlio può arrivare ad agire comportamenti devianti o a presentare manifestazioni sintomatiche in quanto entrambi i genitori sono rigidi sul loro modello educativo.

I figli che iniziano una SAP hanno di solito tra i 7 e i 12 anni. Sono abbastanza grandi da capire cosa sta succedendo nella famiglia, e nello stesso tempo il loro spirito critico non è abbastanza affermato per proteggersi dall’influenza di uno dei due genitori. Si può incontrare la SAP anche durante l’adolescenza, ma è molto più delicato distinguere le cose tra il rifiuto dei genitori abbastanza classico per gli adolescenti e la manipolazione da parte di un genitore alienante.

Questi figli hanno di primo acchito un comportamento globale assolutamente normale, sono perfino estremamente buoni e maturi per la loro età. I risultati a scuola sono normali. In apparenza sono dei figli in perfetta salute psichica. Si comportano anche molto bene in casa del genitore alienante. Non sembrano conoscere l’angoscia da separazione. Ma in presenza del genitore alienato si comportano da veri piccoli mostri e fanno a gara di ingegnosità per ferirlo. Per lealtà nei confronti del genitore alienante che vedono come una vittima costituiranno il prolungamento di questa mano vendicativa.

Fanno “come se” uno dei genitori non esistesse, anzi rappresentasse un potenziale pericolo per loro. Si chiudono quindi all’interno di un nucleo familiare più ristretto e per loro più rassicurante perché li rimette nella relazione simbiotica dei primi mesi di vita conferendo loro l’onnipotenza.

Bisogna sempre tener presente che i figli tentano innanzitutto di sopravvivere in una situazione drammatica. Devono gestire la separazione e la perdita di una persona cara in condizioni altamente conflittuali, gestire questo conflitto a livello loro, portando avanti il proprio sviluppo personale di bambini.


( segue nei prossimi post ....)

lunedì 29 novembre 2010

Ri-Stabilire il proprio mondo ...


Una volta sciolti i vincoli coniugali, rimane intatto il nocciolo duro della famiglia: i figli. Ed è sul compito di gestire la paternità e la maternità che gli ex-coniugi possono essere aiutati da un percorso di Mediazione che li accompagnerà a ri-incontrarsi come genitori e a stabilire insieme le basi per una nuova progettualità.

Per i bambini la compresenza del papà e della mamma è una situazione naturale e, se fosse per loro, non la porrebbero mai in dubbio. Pertanto la separazione familiare richiede un notevole impegno da parte degli adulti affinchè i bambini possano comprenderla e accettarla.

Le emozioni dei genitori provocano nei figli reazioni diverse: mentre la rabbia suscita paura, la depressione sollecita atteggiamenti di conforto e cura che, se prolungati, possono dar luogo nell’adolescenza ad una vera e propria inversione dei ruoli. Come ho sottolineato precedentemente spesso può succedere che i figli si trasformino in genitori dei propri genitori.

Poiché per il bambino sono determinanti i cambiamenti che avvengono nella sua esistenza, è essenziale che i genitori si immedesimino in lui per vedere la situazione dal suo punto di vista. Se gli adulti, separandosi, gli hanno rivoluzionato la vita cerchino per quanto possibile di mantenere intatto il suo habitat.

Ad esempio per un bambino piccolo, almeno fino ai 5 anni, la stabilità dell’ambiente in cui è cresciuto è un fattore essenziale, perché gli permette di conservare il rapporto con la realtà esterna. Il problema si pone quindi in maniera evidente quando i genitori cessano di convivere. A questo proposito, per non destrutturare i suoi punti di riferimento, che non sono solo spaziali e temporali ma anche simbolici e affettivi, occorre che, nei limiti del possibile, il bambino continui a vivere nella stessa casa, tra i vicini di sempre, circondato dai suoi oggetti abituali. Può sembrare insignificante, ma cambiare il letto, non ritrovare più il proprio cuscino, per un bambino può essere destabilizzante. L’infrangersi dei suoi gusci di protezione, dei suoi rituali, può lasciarlo in balia di un mondo estraneo e ostile che da solo potrebbe non saper controllare trasformando così la notte in un interminabile incubo.

Per essere ritenuto familiare lo spazio ha bisogno di essere costante e fermo, disponibile alle esplorazioni infantili e ai rituali di riconoscimento. La familiarità delle percezioni e la consuetudine dei gesti sono per lui fonte di gioia e rassicurazione. Aperti gli occhi, controllata la stabilità del mondo, cercherà con la mano il suo oggetto preferito e se lo stringerà al petto con gioia, come se ritrovasse una parte perduta di sé. Poi darà un nome alle cose buone che lo attendono: il latte, i biscotti, la tazza o il biberon. Se può constatare che le sue attese sono esaudite, ne ricava calma, sicurezza,fiducia. Negli anni magici le cose sono importanti come le persone; utilizzando gli oggetti che hanno quotidianamente a disposizione, i bambini affinano le loro percezioni, perfezionando le loro capacità.

Inoltre la stabilità dello spazio e la continuità del tempo sono connesse, a quell’età i processi di sintesi, sono così precari che la disgregazione dell’ambiente può diventare disaggregazione di sé. Se, come è auspicabile, il bambino rimane nella casa dove ha vissuto con mamma e papà, potrà mantenere un filo di continuità nella propria storia che altrimenti potrebbe spezzarsi. Solo poco per volta sarà in grado di distinguere tra l’Io e il mondo e di riconoscere che le cose continuano ad esistere anche quando sono fuori dalla sua capacità di percezione e manipolazione. A quel punto il bambino potrà fermarsi a dormire nell’abitazione del genitore non convivente senza eccessiva ansietà. Soprattutto se vi troverà oggetti noti come il cuscino, la copertina, un pigiamino usato, il giocattolo preferito.

Anche gli orari, le azioni e i gesti dovrebbero essere il più possibile costanti. L’abitudine svolge infatti una importante funzione di rassicurazione.

I figli di coppie separate si trovano spesso a transitare tra due modi di vita diversi e contrapposti che da soli non riescono a ricomporre. Poiché il raggio d’esperienza dei bambini si allarga progressivamente, la loro capacità di accettare le differenze di comportamento senza sentirsi lacerati ha bisogno di un clima sicuro, dove i punti di riferimento siano il più possibile costanti. Ogni strappo nell’omogeneità del mondo rischia di provocare una fuga regressiva nei precedenti stadi di sviluppo. In questi casi il bambino ricomincia a piagnucolare, a succhiarsi il dito, a farsi la pipì addosso, a balbettare.

Ancora oggi è raro che entrambi i genitori abbiano le stesse responsabilità nei confronti dei figli e la stessa competenza nei vari aspetti della cura del bambino e della gestione della casa. Nella maggior parte delle famiglie ci sono dei compiti riservati al padre e altri riservati alla madre. I bambini avranno ormai dimestichezza con questa differenza di ruoli e tenderanno ad andare da un genitore per un ginocchio sbucciato o una comunicazione da parte della scuola, e dall’altro per un giocattolo rotto o la tastiera del computer che si è bloccata.

Dopo la separazione i genitori si ritroveranno probabilmente a dover ricoprire anche i ruoli cui un tempo assolveva l’ex compagno o compagna. In un ottica positiva entrambi i genitori potrebbero considerare la situazione come un’occasione per sperimentare aspetti della genitorialità che non avevano vissuto prima. E’ però probabile che a volte si sentano sopraffatti dalla necessità pratica di rispondere alle esigenze dei figli senza l’appoggio di un altro adulto e magari si trovino a dover imparare a gestire alcuni aspetti della cura dei figli con cui prima avevano poco a che fare.

Allo stesso modo un genitore può scoprire di dover “passare” all’altro un’attività che una volta era vista, da lui e dal bambino, come un tempo speciale da condividere. E’ anche possibile che un genitore abbia l’ansia che il bambino non riceva dal genitore che se ne è andato lo stesso livello di cura che riceve in casa. Il fatto di doversi assumere muovi ruoli o di dover cedere propri compiti familiari può essere per i genitore fonte di disagio, mentre per i bambini ricorda ulteriormente che la situazione è cambiata.

All’inizio accettare i genitori nel nuovo ruolo e imparare a fidarsi di loro può essere destabilizzante e fonte di preoccupazione. Questo è ovviamente un altro aspetto nel quale la comunicazione tra i genitori è vitale per il benessere dei loro figli.

Anche in questo caso la Mediazione può essere un valido aiuto nell’agevolare i genitori a comprendere le priorità delle esigenze dei figli cercando di impedire i sabotaggi reciprochi

venerdì 26 novembre 2010

Le reazioni dei figli alla separazione: linee guida (II parte)



Allacciandomi al post precedente, continuo con le successive fasi di sviluppo e le conseguenti reazioni di fronte ad una separazione dei genitori.


TERZA INFANZIA: 5-11 ANNI

capisaldi dello sviluppo:

  • relazioni con i coetanei e rapporti con la comunità
  • sviluppo del senso morale
  • empatia e maggior controllo delle emozioni
  • sviluppo dell’immagine di sé in rapporto a competenze e abilità

Giunti a questa età i bambini hanno una maggiore capacità di parola e cominciano ad avere una comprensione più sottile delle relazioni e delle loro difficoltà. Hanno anche una maggiore idea della complessità delle relazioni fra gli adulti e possono essere consapevoli che alcuni amici, vicini o compagni di scuola hanno i genitori separati. In una visione più positiva, a questa età i bambini possono cominciare a capire che la situazione può anche cambiare in meglio e non necessariamente in peggio.

conseguenze della separazione:

  • possibile tristezza
  • espressione diretta del dolore e della collera
  • paure concernenti denaro, cibo, abitazione
  • comprensione empatica di uno o entrambi i genitori con possibile intesa/ condanna di uno dei due (schierarsi)

rischi:

  • scarso rendimento scolastico (peggioramento)
  • possibili stati depressivi
  • preoccupazioni relative al divorzio, verbalizzazione ansiosa
  • tentativi di riunire i genitori con acting-out (malesseri, scarso rendimento scolastico, mutismo, ecc.)
  • bugie e inganni superiori alla norma

In questa fase il bisogno principale dei bambini risiede nella “Guida” da parte del genitore che deve essere presente come elemento di contenimento e di stabilità. L’assenza del genitore produce in questo caso paura ed insicurezza ma anche vergogna rispetto ai coetanei con tendenze a diventare aggressivi e momenti di ritiro.

PREADOLESCENZA E ADOLESCENZA: 12-18 anni

capisaldi dello sviluppo

  • emancipazione psicologica: ulteriore strutturazione dell’identità
  • “lutto” per la perdita dell’infanzia; dipendenza; ricerca di protezione in famiglia
  • gestire gli impulsi sessuali
  • confrontarsi con le regole della società

A questa età i figli hanno un’idea più complessa delle problematiche che si manifestano quando finisce un rapporto di coppia. Essendosi lasciati alle spalle il “chiacchiericcio” dell’infanzia e avendo dato inizio ad una vita sociale che esclude decisamente i genitori possono inoltre rivelarsi assai poco comunicativi, parlare poco o non parlare affatto con il padre o la madre di quello che sta accadendo in casa e cercare magari conforto negli amici. Gli adolescenti cominciano a diventare coscienti della propria sessualità e a muovere i primi passi verso la costruzione di relazioni complesse. E’ quindi probabile che, a differenza dei figli più piccoli, siano consapevoli della natura sessuale dei rapporti tra i partner o gli ex partner e si formino un opinione in merito.

conseguenze della separazione:

  • l’assenza di una famiglia intatta con cui confrontarsi può portare ad una emancipazione precoce o incompleta (p.es. ricerca di un partner anziano da cui ricevere protezione)
  • sentimenti di imbarazzo nei confronti della propria famiglia
  • possibile svalutazione di uno o entrambi i genitori
  • irritazione o disgusto per la vita sessuale dei genitori
  • gli amici e gli impegni vengono collocati al primo posto

rischi:

  • possibili acting-out (droga, promiscuità sessuale, fughe, sette, ecc.) alla ricerca di un senso di appartenenza
  • adolescenza ritardata: desiderio di restare bambino
  • dubbi sulle proprie capacità; investimenti eccessivi nelle relazioni o rotture improvvise

Anche se a questa età la separazione non è generalmente un evento imprevisto, tutta via le difficoltà psicologiche , specialmente degli adolescenti, si aggravano. La sensazione improvvisa di aver perso il senso di stabilità acquisita nell’infanzia con le sue tranquillizzanti certezze, il non riconoscersi fisicamente, mentalmente e affettivamente, l’attraversare un senso di esclusione dalle vecchie sicurezze senza avere ancora chiaro verso quale territorio si sta andando, la tristezza e la rabbia per ciò che si lascia, l’eccitazione e la paura per quello che si sta diventando, sono alcuni dei sentimenti che si trovano nel cuore degli adolescenti. E’ quindi necessario trovare un nuovo adattamento per poter superare i comportamenti conflittuali determinati dallo stress e dalla particolare vulnerabilità del momento. In questa età il bisogno dei ragazzi è di avere nel genitore un modello ma anche un “limite” all’espansione. In questa fase perciò è fondamentale che i genitori non producano disorientamento con la loro assenza e si sforzino a non essere distratti e permissivi bensì a porsi come guide affettuose e nello stesso tempo autorevoli per non perdere quel riferimento educativo e di sostegno necessario in questo delicato momento dello sviluppo.

mercoledì 24 novembre 2010

Le reazioni dei figli alla separazione: linee guida (I parte)


Per poterci rendere conto davvero dell’impatto che può avere sui figli la separazione dei genitori, dobbiamo considerare che le reazioni e il comportamento dei bambini saranno in larga misura determinati dalla loro età e dalla loro fase evolutiva. A questo proposito potrebbe essere utile una sorta di linea guida relativa alle varie fasi di sviluppo, tenendo presente che si tratta sempre di una griglia di aiuto da modellare poi secondo il proprio sentire.


PRIMA INFANZIA : 0-2 ANNI

capisaldi dello sviluppo:

· si formano i legami di attaccamento con le figure primarie

· i bambini sviluppano un senso di fiducia nei confronti dell’ambiente e del mondo

A questa età i figli non sono chiaramente in grado di parlare dei propri problemi e potranno capire il significato di poche o di nessuna delle parole che sentono, ma non saranno ovviamente indifferenti ad una situazione in cui chi si occupa di loro sta male, è arrabbiato o depresso o ha suoni che esprimono rabbia e aggressività. Il bambino è in questo senso consapevole che qualcosa non funziona e ne è di conseguenza turbato.

conseguenze della separazione:

  • sentimento di perdita di contatto con una figura primaria
  • sentimento di perdita dell’ambiente familiare (ritmi, presenze, voci, routine)


rischi:

  • la perdita di contatto con una figura primaria può causare depressione e regressione (il bambino si comporta come se fosse più piccolo)
  • una lunga separazione da una figura di attaccamento primaria può creare problemi per future separazioni e altre relazioni affettive

La cosa migliore da fare è creare intorno a loro un ambiente calmo; perché per i bambini così piccoli i genitori sono l’unica realtà e il loro universo. L’atteggiamento della figura materna, che è quella che più si prende cura di loro a questa età, è perciò fondamentale perché il bambino piccolo non capisce il significato della separazione ma avverte la rottura del rapporto attraverso la mancanza di affettuosità delle cure da parte della madre.


SECONDA INFANZIA: 2-5 ANNI

capisaldi dello sviluppo:

  • aumenta la consapevolezza della propria individualità
  • interiorizzazione delle figure primarie e capacità di pensare al genitore lontano (autoconforto)
  • il bambino incomincia ad esprimere verbalmente sentimenti e stati d’animo
  • identificazione col genitore del proprio sesso

In questa fase i bambini tendono a mettersi al centro del mondo e a pensare perciò in termini di “tu non mi vuoi bene” ed “è tutta colpa mia”. E’ una fase molto delicata ….

conseguenze della separazione:

  • può considerarsi responsabile della separazione (pensiero magico, egocentrismo)
  • ansia relativa al soddisfacimento dei bisogni primari: alimentazione, cure fisiche, spostamenti…
  • fantasie di riunificazione

rischi:

  • regressione: perdita di competenze già acquisite
  • perdita del genitore del sesso opposto come agente socializzante, o del genitore dello stesso sesso come modello di identificazione
  • sentimenti di abbandono che possono tramutarsi in tristezza, depressione, scarsa autostima e interferire con lo sviluppo

In questa fase i bambini hanno paura di perdere protezione, cure e rifugio in una parola hanno paura dell’abbandono quindi è opportuno lasciarli soli il meno possibile ed è bene star loro vicini fisicamente, fare progetti su piccole cose da fare insieme. Accompagnare il figlio a scuola soffermandosi a chiedere quello che farà durante il giorno e soprattutto non arrivare in ritardo a riprenderlo e non delegare ad altri questo compito.


Continua nel prossimo post .........

mercoledì 17 novembre 2010

Le parole per dirlo ...


Come è difficile spiegare le cose ai bambini!! Soprattutto trovare le parole giuste per dire loro la situazione che sta accadendo …..

Prima di prendere la parola, i genitori dovrebbero già essersi accordati su che cosa dire, e innanzitutto su che cosa i figli si attendono che loro dicano. E’ preferibile, inoltre, se possibile, che la notizia venga data da entrambi i genitori insieme. Questo elimina la possibilità che il bambino pensi “forse papà non desidera separarsi veramente” o “posso cercare di convincere mamma a cambiare idea”. Se questo non è possibile, bisogna spiegare chiaramente che si tratta di una decisione presa di comune accordo: “mamma e io abbiamo deciso …”.

Se una storia finisce, molti sono gli elementi negativi in gioco e le frasi tendono allora a cominciare con “non”, “mai”, “purtroppo”, “mi dispiace”, “non è colpa mia”. Ma perché il tessuto degli affetti non si sbricioli va preservato ed evidenziato il nucleo positivo dei rapporti familiari: “si può cessare di essere marito e moglie, ma si resta padri e madri per sempre”. Esistono ex coniugi , ma non esistono ex genitori o ex figli.

I figli devono poter assorbire questo cambiamento esistenziale (che loro non hanno ricercato) senza grossi traumi e per questo servono parole chiare e rassicuranti. Hanno bisogno di ritrovare al più presto la tranquillità e per questo serve anche saper tacere su particolari che possono turbarli o mettere in cattiva luce un papà o una mamma a cui sono affezionati, in cui si identificano o di cui hanno bisogno per essere rassicurati sulla loro identità di maschio o di femmina.

Nel momento della separazione, l’etica risiede nel porre al primo posto il bene dei figli e la Mediazione Familiare è la portabandiera di questo concetto. Forte infatti è la tentazione di discolparsi, di porsi in buona luce, di far valere le proprie ragioni contro quelle dell’altro; ma non si chiede ai genitori di essere perfetti, tanto meno in questi frangenti, basta che siano genitori sufficientemente buoni.

Si sa le parole costituiscono al tempo stesso un farmaco o un veleno, a seconda di come le si usa; vanno pertanto utilizzate con discrezione, senza dire troppo né troppo poco. E’ bene che ognuno pronunci le espressioni che gli vengono dal cuore, senza ripetere formule magiche.

Nel momento in cui si dichiara sciolto il patto matrimoniale i figli, impegnati a sopravvivere, si attendono prima di ogni altra cosa di essere rassicurati che la loro condizione non cambierà, che i genitori, seppur in modo diverso, saranno sempre accanto a loro.

Non si tratta soltanto di assistenza, di sollecitudine materiale, ma di disponibilità affettiva, di amore: da dimostrare nel presente, garantire per il futuro e riconoscere nel passato. I figli infatti possono pensare che se l’unione dei genitori non funziona più, se il loro matrimonio è fallito, forse non è mai stato valido. E, di riflesso, anche la loro nascita diventa un evento negativo.

La dissoluzione della coppia che li ha generati può farli sentire “nati per caso o per errore”, figli sbagliati di una unione infelice che sarebbe meglio non fosse mai avvenuta.

I bambini e i ragazzi, se vengono coinvolti nella decisione, si sentono presi sul serio, li conforta sapere che i loro problemi sono riconosciuti e che i genitori, senza drammatizzare, se ne preoccupano.

Ovviamente ogni età avrà le sue “parole per dirlo” in corrispondenza delle fasi di sviluppo dei bambini o ragazzi....... (continua nel prossimo post )