" ... Il libro della vita comincia con un uomo e una donna in un giardino e finisce con .... l'Apocalisse"

Oscar Wilde

lunedì 25 ottobre 2010

Il dilemma .....


In una spiaggia poco serena
camminavano un uomo e una donna
e su di loro la vasta ombra di un dilemma.
L'uomo era forse più audace
più stupido e conquistatore
la donna aveva perdonato, non senza dolore.
Il dilemma era quello di sempre
un dilemma elementare
se aveva o non aveva senso il loro amore…..

[…] In una casa a picco sul mare
vivevano un uomo e una donna
e su di loro la vasta ombra di un dilemma.
L'uomo è un animale quieto
se vive nella sua tana
la donna non si sa se ingannevole o divina.
Il dilemma rappresenta
l'equilibrio delle forze in campo
perché l'amore e il litigio sono le forme del nostro tempo….

[…] In un giorno di primavera
quando lei non lo guardava
lui rincorse lo sguardo di una fanciulla nuova.
E ancora oggi non si sa
se era innocente come un animale
o se era come instupidito dalla vanità.
Ma stranamente lei si chiese
se non fosse un'altra volta il caso
di amare e di restar fedele al proprio sposo….

[…] Questa voglia di non lasciarsi
è difficile da giudicare
non si sa se è cosa vecchia o se fa piacere.
Ai momenti di abbandono
alternavano le fatiche
con la gran tenacia che è propria delle cose antiche.
E questo è il sunto di questa storia
per altro senza importanza
che si potrebbe chiamare appunto resistenza….

[…] Io ci vorrei vedere più chiaro
rivisitare il loro percorso
le coraggiose battaglie che avevano vinto e perso.
Vorrei riuscire a penetrare
nel mistero di un uomo e una donna
nell'immenso labirinto di quel dilemma.
Forse quel gesto disperato
potrebbe anche rivelare
come il segno di qualcosa che stiamo per capire....

Giorgio Gaber


http://www.youtube.com/watch?v=Gd_NQ11LO4M

domenica 24 ottobre 2010

I litigi fanno piangere e bloccano il respiro ....



“ … importante è amare di più i vostri figli di quanto avete amato o odiato il vostro coniuge …” R.E.Emery

Come abbiamo visto nei post precedenti separazione e divorzio portano ad una forte conflittualità. Lui e lei finiranno per farsi la guerra. Eppure prima si volevano bene, si sono scelti, hanno messo su casa e hanno pure fatto dei figli…… Ma poi qualcosa si è rotto, sono cominciati i litigi ed un giorno è venuta la decisione di lasciarsi.

Iniziano allora quei conflitti che si esasperano, per risolvere chi è il vincitore: perché il vincitore è quello che prende tutto …. Anche i figli. E per far questo, ogni mezzo da usare è buono e lecito, e non si rispiarmeranno i colpi da entrambe le parti.

In tutta questa situazione è difficile riuscire a non perdere il senso delle cose. E soprattutto a non fare, dei figli, uno strumento della aspra contesa che è in corso.

Il male maggiore, per questi bambini, è infatti trovarsi in mezzo a due genitori che litigano. Anzi, che “se li litigano”, perché i bambini hanno paura dei litigi dei grandi.

A questo proposito mi ricordo un Natale dolorosissimo, poco prima della nostra andata via di casa; una lite furibonda tra mamma e papà, parole grandi di cui non sapevo nemmeno il significato cadevano tra di loro come una gragnola di colpi sparati da una mitragliatrice. Io, nascosta dietro l’albero di natale in mezzo a quei regali che avevo tanto desiderato e che improvvisamente erano diventati “odiosi”. E poi il fragore assordante della porta di casa che sbatteva e la mamma furibonda che si chiude nella sua stanza. Non riuscivo nemmeno a piangere tanta era la mia preoccupazione di non far rumore. Ricordo la paura, una immensa paura di essere lasciata lì dietro quell’albero, sola. E nella testa le parole di Roberta, la mia amichetta , i cui genitori si erano separati pochi mesi prima …. No, proprio non avrei voluto che succedesse anche a me ….

E certo sarebbe molto meglio che i due si separassero in maniera civile, restando magari buoni amici, riuscendo a trovare un pacifico accordo anche sui figli. Perché se fa paura a stare in mezzo a due che litigano, è ancora più devastante quando questi due sono i genitori che litigano “per te”. I bambini, infatti, nelle separazioni, diventano troppo spesso oggetto di contesa e ricatto. E nessuno che gli spieghi, nel frattempo, cosa sta accadendo.

Invece ognuno cercherà di tirarli dalla sua parte, i figli, per accaparrarsi il loro pieno ed esclusivo affetto. Ed è solo un assaggio di quello che succederà poi nel divorzio. Allora si accenderà la vera guerra, dove ognuno cercherà di demolire la figura dell’altro ex-coniuge, per conquistarsi il pieno affetto, insieme alla piena “proprietà”, dei figli contesi .

Ancora ricordi …. Quando i miei si sono separati non esisteva ancora la legge sull’affido condiviso, quindi io e mia sorella eravamo state affidate completamente a mia madre, che per anni ha portato avanti una guerra psicologica, sottile e nascosta per screditare in tutti i modi la figura di mio padre; tanto che per un lungo periodo io non ho voluto avere nessun contatto con lui. Sono quindi cresciuta, praticamente senza padre, finchè ho deciso ai 18 anni che era giunto il momento di conoscere anche l’alta parte di me …..

Non sempre per un genitore è facile spiegare ai propri figli cosa stia succedendo. Parlare della fine di una storia, che ancora brucia, trovando le parole giuste con un giusto equilibrio, è difficile. Le parole giuste, quelle di cui i bambini avrebbero bisogno, non sono lì a portata di mano…

Un altro flash dal mio passato …. Una grande stanza, un divano a fiori, io sprofondata dentro … davanti a me mamma e nonna, visi di circostanza :”ti dobbiamo parlare, tu sei grande ora” …. Paura, rabbia, essere “grande” una condanna …. “sai mamma e papà litigano molto ed è meglio che si separino, così staremo tutti più tranquilli. Noi ce ne andremo e verremo qui, ad abitare con i nonni…” Il mio viso duro e improvvisamente “troppo” adulto … :”Si, lo so, non sono stupida …. E non me ne importa niente …” … e il buco che piano piano si allarga nel mio cuore … non sono più stata una bambina ….

Non sempre vengono le parole giuste, quando si sta male. E un bambino resta confuso e pieno di paure, specie se non capisce quello che sta succedendo in casa.

Ha paura di restare solo, ha paura che come è finito l’amore tra i suoi genitori così finisca quello con lui. Se prima andava tutto bene, sembra dirsi, e poi ora è tutto finito… allora dove mai è finito tutto quell’amore che c’era? E perché è finito?

Certo i figli non dovrebbero entrare nel conflitto, e i grandi dovrebbero trovare un accordo, nel loro interesse.

E’ nell’amore per loro che si può ridare un senso al rapporto che si è rotto. Ecco quindi che bisogna lavorare per una nuova cultura della separazione “ che partendo dalla esperienza vissuta, tragga gli elementi necessari per non compiere i medesimi errori e per individuare quelle modalità che consentono di usare la sofferenza come occasione di crescita…” (S.Vegetti Finzi)

mercoledì 20 ottobre 2010

Risentimento e vita di coppia ...



“E’ possibile, durante circa mezzo secolo, osservare solo un lato della creatura che divide la nostra vita? E’ possibile che noi facciamo, per abitudine, la scelta delle sue parole e dei suoi gesti, ritenendo solo quelli che alimentano i nostri dolori e conservano il nostro rancore?” domanda con cui ci lascia Francois Mauriac nel suo romanzo Groviglio di vipere. Ebbene sì purtroppo.

La vita coniugale (e familiare) è un luogo in cui possono radicarsi svariate forme di risentimento. Sono possibili frustrazioni e incomprensioni se non si fa regolarmente pulizia con il dialogo e non si vivono insieme esperienze gradevoli.

Quando si vive insieme, ci si imbatte in numerosi “crocevia del divorzio” dove, sospinti dai venti del risentimento, si può prendere la direzione sbagliata.

I conflitti sono normali , come ho ampiamente spiegato nei post precedenti, quello che fa la differenza tra le coppie funzionali e disfunzionali non è tanto la loro frequenza quanto la loro ampiezza (fino a che punto arrivano? E cosa nascondono? ..) e le loro conseguenze (lasciano tutti uno strascico di stati d’animo di risentimento che inquinerà la continuazione del rapporto e frenerà la riconciliazione?? ..).

In questi conflitti “patologici”, non c’è desiderio di soluzione quanto piuttosto di punizione, non c’è ricerca di collaborazione ma di dominanza (chi ha ragione? Chi merita di essere punito? Chi deve chiedere scusa all’altro ? ..).

Le coppie che funzionano dispongono di una capacità di “lasciar passare le burrasche”, anche se i due partner non hanno sistemato il problema di fondo. Infatti, a volte, ci sono problemi che semplicemente non possono essere risolti (la famiglia acquisita ne è un classico esempio). Allora li si tollera, li si nasconde con l’amore, l’affetto e il tempo che passa. Nel frattempo gli stati d’animo positivi vissuti insieme e condivisi hanno mitigato il risentimento, impedito il rimuginio e reso possibile un dialogo benefico.

Nelle coppie in difficoltà, in compenso, ogni conflitto si avvelena, e ogni tentativo di discutere diviene a sua volta una fonte di conflitto in cui ci si irrita per il comportamento del coniuge nello scambio. Spesso, il “bubbone scoppia” e allora invece di mettere fine al conflitto si continuerà a rimuginare all’infinito sul conflitto stesso con la conseguenza di solidificare tutti i ricordi sparsi di ulteriori conflitti. La nostra memoria conferirà loro una coerenza di cui non dispongono necessariamente, e ci costruirà sopra una storia di fallimento, di incomprensioni, di disinganno delle aspettative.

Più ci pensiamo, più attiviamo il circolo cerebrale che poi assocerà ad ogni litigio questa storia di rapporti conflittuali a cui ormai riconduciamo la nostra coppia. E, in men che non si dica, finiamo per vedere l’altro unicamente come un aggressore che suscita la nostra contrarietà e riusciamo a percepirne solo i lati peggiori.

Questo circolo chiuso di colpevolizzazione reciproca porterà la coppia da un punto morto: invece di essere l’uno per l’altro, ciascuno penserà al proprio partner come ad uno ostacolo. E’ questo un momento molto difficile perché si vede svanire tutto il sogno e il progetto d’amore. Improvvisamente si prova solitudine, e colui/colei che prima era tutto ora sembra un intralcio al progetto stesso.. Siamo nel punto morto della comunicazione.

Quando si arriva a questo stadio, ciò che viene mutilata non è solo la comunicazione in sé, ma il fatto di non considerare il proprio partner come persona, trascurando completamente la sua situazione, i suoi sentimenti, le sue richieste.

Il partner viene sostanzialmente negato nel suo diritto di essere ascoltato e considerato, la nostra sofferenza è troppo grande per far posto ad un’altra sofferenza. E’ come se egli ricevesse continuamente il messaggio: “Non mi importa più nulla di te; non mi interessa la tua vita; né te come persona. La nostra relazione non esiste; io so farne a meno; tutto sommato, vedi, io non ho bisogno di te”.

Di qui l’utilità di un percorso di coppia , che non è detto che porti necessariamente alla separazione, per imparare nuovamente a comunicare, ascoltando l’altro e allo stesso tempo trasmettendogli quello che si prova, senza giudicare il suo comportamento, senza accusarlo. Questo significa da una parte sanare le ferite che si sono sovrapposte le une alle altre, alcune delle quali possono essere anche molto profonde. Dall’altra significa mediare esigenze e stili di vita che con il passare del tempo hanno preso strade differenti. Dall’altra ancora significa trovare il coraggio di mettere in discussione in primo luogo se stessi, e poi anche i modelli che la famiglia di origine ci ha lasciato come una impalpabile ma pesante eredità.

Far rinascere o rifiorire una relazione ritrovando così la gioia piena dello stare insieme, oppure decidere che la vita della coppia è al capolinea , lasciarsi rimanendo comunque complici e, soprattutto nel caso vi siano figli, con la stessa progettualità di essere Genitori Insieme …..


martedì 19 ottobre 2010

Sul Matrimonio ....


"Siete nati insieme, e insieme sarete per sempre.

Voi sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.

Sì, sarete insieme persino nella silenziosa memoria di Dio.

Ma lasciate che vi siano spazi nel vostro stare insieme,

E lasciate che i venti del cielo danzino tra voi.

Amatevi l'un l'altro, ma dell'amore non fatene un vincolo: lasciate piuttosto che vi sia un mare in

movimento tra le sponde delle vostre anime.

Riempitevi reciprocamente la coppa, ma non bevete da una singola coppa.

Datevi l'un l'altro un po' del vostro pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta.

Cantate e danzate insieme e siate gioiosi, ma fate che ognuno di voi possa star solo.

Come sole sono le corde del liuto sebbene vibrino della stessa musica.

Datevi il cuore, ma non per trattenervelo l'un l'altro.

Poiché solo la mano della Vita può contenere il vostro cuore.

E reggetevi insieme, senza però stare troppo vicini.

Poiché le colonne del tempio sono collocate a una certa distanza.

E la quercia e il cipresso non crescono l'uno all'ombra dell'altro".

Gibran

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“ L’amore immaturo dice: “Ti amo perché ho bisogno di te”. L’amore maturo dice: “Ho bisogno di te perché ti amo …” Erich Fromm

Vi chiederete perché un pezzo sul Matrimonio così “poetico” in un blog che parla di Mediazione Familiare e quindi di “conseguenza” di conflitti, separazioni, accordi?

Questo brano di Gibran mette in luce un principio che si perde spesso di vista: quello della “differenziazione”, dell’interdipendenza necessaria in un rapporto di coppia.

“IO sono IO e TU sei TU ….. e se ci troveremo sarà bellissimo …..”, recita la preghiera della Gestalt, “ IO non sono al mondo per soddisfare i tuoi bisogni e TU non sei al mondo per soddisfare i miei …” e questo è il punto dolente: pensare che l’altro possa soddisfare e sanare tutte le nostre ansie, paure e ferite non risolte; che diventi una sorta di nostro prolungamento, di ombra sotto cui ci possiamo “accoccolare” per sempre.

Tutto deve essere perfetto e rispondere alla lettera all’ideale che ci siamo costruiti.

Due pezzi di un puzzle che si incastrano, senza più la possibilità di riprendere la propria individualità e quando l’illusione finisce e ci si scontra con la realtà, il sogno si infrange :” tu non sei più quello di prima …”

L’interdipendenza è l’accettazione di un legame imperfetto; è la disillusione passata attraverso la maturità che non proietta più sull’altro ma si riappropria di quello che le appartiene. E’ non temere più l’abbandono perché ognuno sa stare anche da solo ma sceglie di stare con l’altro. E’ affrontare la crisi con una consapevolezza diversa, riconoscendo che l’altro può essere imperfetto.

Ed è allora che i due IO potranno incontrarsi in un NOI ……

venerdì 15 ottobre 2010

I conflitti di coppia e la Mediazione ....



“La natura umana era in origine unica e noi eravamo interi, e il desiderio e la caccia dell’intero si chiama amore” (Platone, Simposio).

Come abbiamo visto nel post precedente il conflitto psichico è l’opposizione che si presenta tra la personalità e l’ambiente o all’interno della personalità tra diverse istanze : esso è inevitabile in ogni relazione.

Quando nella sua attivazione quotidiana, la coppia è percorsa da frequenti “turbolenze” o vive gravi squilibri nell’armonia affettiva entra nell’area del conflitto. Viene meno l’equilibrio e, spesso, è difficile comprendere fino a che punto gli elementi di rottura attribuiti all’uno abbiano influito sulla stabilità affettiva dell’altro o, viceversa e soprattutto è difficile ricercare gli elementi che hanno causato il cambiamento della proposta iniziale della relazione affettiva.

Per analizzare il conflitto il mediatore deve partire da un punto essenziale della storia della coppia: come si è scelta e quale è stato il “patto segreto” di fondo (leggi qui ).

Nella fase dell’innamoramento ci si isola dal resto del mondo, si vive in simbiosi, come in una bolla in cui i partner riflettono solo loro e le loro parti migliori. L’altro è idealizzato, non ci si sofferma più di tanto sulle piccole avvisaglie di conflitto per il bisogno di fare innamorare di sé, spesso si dice: “Poi cambierà”, nutrendo, in questo modo, il pensiero magico di essere in grado con il nostro amore di cambiare l’altro secondo il nostro bisogno.

“Che cosa farai per me? Mi aiuterai? Mi ascolterai? Mi farai sentire bene? Realizzerai i miei sogni? Sarai il padre che io non ho potuto avere, la madre che non ho avuto? Adesso che mi sono innamorata di te, tu hai il dovere di far scomparire le mie sofferenze. Ascoltami, guariscimi, fammi stare bene….”.

La relazione di coppia diviene insomma una opportunità tramite cui crediamo di poter guarire una volta per tutte le ferite d’amore, le carenze affettive, le delusioni subite durante l’infanzia e il partner diviene per certi aspetti un sostituto di nostro padre, di nostra madre (o di entrambi) e inconsciamente lo invitiamo – talvolta sfidiamo - ad amarci in modo totale, ad accettarci per quello che siamo, ad essere il genitore perfetto che non abbiamo mai avuto ma abbiamo sempre desiderato.

Poi, dopo la fase simbiotica, nel momento in cui si ritorna all’IO, ci si accorge che qualcosa non và: “Non è più come prima, questo non l’avrebbe mai fatto”. Subentrano,quindi, fasi meno brillanti in cui si prende coscienza dei limiti del partner e dei suoi lati meno lucenti: l'ombra. E' qui che nascono le prime incomprensioni, le prime delusioni, i primi conflitti che poi, se manca una reciproca capacità di comunicare (e quasi sempre manca) inevitabilmente vanno ad accentuarsi fino a portare alla crisi.

Le maniere di affrontare il conflitto, che come processo va comunque visto positivamente, ricordiamo che il conflitto è un problema da gestire non una guerra da combattere,variano da persona a persona; l’importante per il Mediatore è individuare, in modo da rimandarlo alla coppia per aiutarla a consapevolizzare le proprie dinamiche interne, le modalità di gestione del conflitto che possono essere:

=> EVITAMENTO: il conflitto è ritenuto pericoloso e quindi va evitato: la coppia non litiga. Spesso ciò accade perché non si vuole che i figli siano al corrente delle disarmonie coniugali e quindi si nega la presenza del conflitto. In presenza dell’evitamento possiamo trovarci davanti a partner ambedue con tratti evitanti: per loro è difficile riconoscere i propri bisogni e, di conseguenza, non mettono in atto strategie per soddisfarli; la frustrazione è alta, si allontanano e si arriva alla rottura.

=> GESTIONE COMPLEMENTARE O VITTIMIZZAZIONE: si aderisce alle richieste dell’altro senza dare spazio ai propri bisogni, si elimina se stessi, per cui ci si sente vittima: al crescere dell’aggressività dell’uno (carnefice) si accentua il ritiro dell’altro (vittima).Questa modalità, molto spesso, è il frutto di un bisogno inconscio: la vittima si è cercata il partner carnefice e potrebbe avere ella stessa tratti passivi aggressivi. In questa relazione la “vera forte” è la vittima mentre il carnefice potrebbe essere un debole che ha paura della vittima che percepisce forte. La coppia, in questo caso, opera inconsciamente delle identificazioni proiettive reciproche: uno si sente vittima e proietta la propria aggressività sull’altro che la agisce e viceversa; entrambi hanno bisogno di stare nel conflitto come chiusi in una gabbia virtuale dove è difficile vedere l’uscita.

=> GESTIONE SIMMETRICA O ESASPERAZIONE: si elimina l’altro agendo come se non esistesse. Al crescere dell’aggressività dell’uno, cresce anche l’aggressività dell’altro e al decrescere nell’uno, decresce anche nell’altro. L’unico vero bisogno è quello di essere riconosciuto dall’altro ed il litigio serve per rimanere in contatto. La coppia litiga in maniera violenta con degli alti e dei bassi e questo esclude che ci sia un vincitore e un vinto. Ci si accusa di cose diverse:” tu cucini male!” … “tu torni tardi a casa la sera!”, non si litiga su un tema; c’è solo lotta di potere per il riconoscimento reciproco.

=> SPOSTAMENTO: la coppia qui si presenza tranquilla perché evita il confronto diretto, in quanto ciascuno pensa “se entro in conflitto mi faccio male”.

In questo caso il conflitto viene “spostato”:

  • Sulla persona: non litigo con te ma con un altro, ad esempio: il capo, il figlio, un amico.
  • Sul tema conflittuale: non si litiga per il vero problema ma si sposta il conflitto su qualcosa di altro: ad esempio non litigo con te per un problema di potere, ma per l’educazione dei figli.
  • All’esterno: si cercano alleati quali amici, figli, avvocato oppure mediatore stesso che litigano in loro vece per farsi dare ragione.

=> NEGOZIAZIONE COL TERZO O FALSA NEGOZIAZIONE: si ricorre ad una terza persona, a qualcuno che decida per la coppia: l’avvocato, il giudice, il counselor.

Come ho detto sopra il conflitto è sempre presente nelle relazioni e non è necessariamente un elemento negativo, in quanto può favorire il cambiamento.

Va anche detto, tuttavia, che il conflitto, se non è ben gestito, può essere distruttivo cioè portare alla competizione favorendo processi distruttivi e irrecuperabili nella relazione.

Ricordiamoci che le principali vittime dei conflitti familiari sono i FIGLI. Quando si litiga si è talmente presi da sé e dai propri problemi che si finisce con il dimenticare i figli. Non ci si può preoccupare dei bambini mentre si sta cercando l’argomentazione adatta a controbattere o mentre le grida e le accuse dell’altro aumentano la “propria” sofferenza.

Paura, ansia, sensi di colpa. Sono queste le principali reazioni emotive dei piccoli di fronte ai continui litigi dei propri genitori. Una serie interminabile di sentimenti negativi che, a lungo andare, rischiano di generare nei ragazzi una tendenza all’isolamento sociale e un senso di ostilità nei confronti di unioni e matrimoni. Imparare a gestire i conflitti non è facile, ma è senz’altro doveroso. Per assicurare serenità ai propri figli, per educarli a risolvere le situazioni con intelligenza e per permettere loro di continuare il proprio cammino di crescita con la necessaria apertura alla vita e alle possibilità di amore e condivisione che questa può offrire.

Difficile far finta di niente di fronte alle provocazioni, difficile fare un passo indietro e mantenere la calma quando la tensione raggiunge livelli inaccettabili. Tuttavia gestire il conflitto è possibile. Basta fermarsi ad ascoltare, imparando a riconoscere i limiti costruttivi di ogni dialogo e di ogni diverbio. E accettare, in molti casi, l’aiuto di una guida esperta, di un “terzo estraneo imparziale” non coinvolto nel conflitto che, proprio per questo, riesca ad individuarne in modo chiaro le motivazioni.

Il processo di Mediazione aiuta la coppia a sviluppare la consapevolezza, elabora alternative e consente di utilizzare le capacità decisionali dei partner, riducendo gli effetti negativi derivanti dal conflitto. Si impara nuovamente a comunicare, dando spazio all’ascolto reciproco e come moderni alchimisti, diventare capaci di prendere il conflitto - spesso doloroso, pesante, oscuro, qualcosa di cui liberarsi - per trasformarlo in qualcosa di altro, notevolmente più prezioso.