" ... Il libro della vita comincia con un uomo e una donna in un giardino e finisce con .... l'Apocalisse"

Oscar Wilde

mercoledì 29 settembre 2010

Chi è il Mediatore Familiare ....


Come ho detto nel precedente post la Mediazione Familiare ha l’obiettivo di ristabilire l’uguaglianza genitoriale, rinegoziando la relazione e incoraggiando entrambi i partner alla cooperazione e progettualità: lasciare la copia coniugale per diventare COPPIA GENITORIALE!!!

Il terzo imparziale che accompagnerà la coppia nel loro percorso di ri-conoscimento è il MEDIATORE, tutore e garante dei minori coinvolti, che avrà come scopo principale quello di portare i partner al raggiungimento di un accordo restituendo loro il ruolo di protagonisti nella ricerca della soluzione del loro problema.

Caratteristiche di un Mediatore sono:

  • Accoglienza => verso entrambi i partner, verso la coppia , verso il conflitto
  • Neutralità, “equivicinanza” => capacità di accogliere entrambi i componenti della coppia in modo imparziale ed equanime in modo che nessuno dei due si senta meno accolto dell’altr
  • Empatia => per il carico di sofferenza portata dalla coppia per soddisfare il bisogno di riconoscimento
  • Capacità di fornire informazioni utili => anche di stampo legale
  • Direttività => come strumento per la gestione del processo: il timone della seduta è in mano al mediatore
  • Addestramento a stimolare la progettualità e la decisionalità => agevolando la coppia che ha rinunciato alla propria progettualità a riappropriarsene trovando soluzioni attraverso l’attivazione delle proprie risorse.

Il Mediatore inoltre è un “traghettatore di senso” , attraverso il feedback fenomenologico e la riformulazione traduce il sentire dei partner educandoli all’ascolto, riaddrestrandoli, così, alla comunicazione che nel conflitto si è persa.

Alcuni blocchi della comunicazione possono essere causati proprio dal litigare, biasimare, non ascoltare e cambiare argomento. Una delle tecniche che il mediatore trasferisce ai partner perché ristabiliscano una corretta comunicazione consiste nell’abituarli a descrivere ciò che sentono in prima persona, “Messaggio –Io-“ invece di accusare l’altro, “Messaggio –Tu-“, ad esempio: “quando fai tardi IO mi sento a disagio!” invece di “TU fai sempre tardi!”

Al capolinea di un rapporto di coppia tanti sono i personaggi sulla scena e il Mediatore è il regista che accompagna i due protagonisti nel lavoro di ri-costruzione e rivisitazione del matrimonio oramai sfumato: dando la giusta luce a fatti e vissuti nei precedenti anni, discorrendo di ciò che è stato fonte di dolore e di ingiustizia, l’esistenza di ricordi piacevoli, sapendo scremare, dal legame, qualche aspetto e reminiscenze ancora salvabili e rinforzando la responsabilità e la figura genitoriale.

Lo scopo è quello di passare dalla “separazione dei coniugi” alla “unione dei genitori”; Si dividono i beni, si separano gli spazi, si interrompono i rapporti ma contemporaneamente si rinforza un dialogo sui figli e si stimolano i genitori nel prendere decisioni comuni nei loro riguardi. Pertanto ruolo del mediatore è quello di stimolare la coppia lungo questa strada coadiuvandoli nel recupero di una fiducia reciproca .

Il mediatore lavorerà dunque insieme alla coppia su due fronti: quello della coniugalità e quello della genitorialità.

In primo luogo è importante esplorare la fine emozionale del legame.

Solo il riconoscimento obiettivo dell’esistenza del legame porta a discorrere del suo iter in maniera oggettiva, nel senso di accettarlo per quello che è stato, sapendo, al contempo, riproporne il valore e rinsaldando determinati aspetti che lo hanno caratterizzato (la complicità, la condivisione di valori etc.).

La transizione da coppia coniugale a quella genitoriale è rinforzare quella volontà di preservare “il bene comune”: i figli in modo che essi vengano tutelati dal fallimento del progetto familiare senza diventare vittime innocenti di tale processo.

martedì 28 settembre 2010

La fatica di essere come i bambini ...




Dici: è faticoso frequentare i bambini.
Hai ragione.

Aggiungi: perchè bisogna mettersi al loro livello abbassarsi, scendere, piegarsi, farsi piccoli.

Ti sbagli.

Non è questo l'aspetto più faticoso.

E' piuttosto il fatto di essere costretti ad elevarsi, fino all'altezza dei loro sentimenti.

Di stiracchiarsi, allungarsi, sollevarsi sulle punte dei piedi.
Per non ferirli ....

Janusz Korczac

lunedì 27 settembre 2010

Il modello Pluralistico Integrato ASPIC/AEMeF



Nel post precedente ho parlato di cosa sia la Mediazione Familiare, ora vorrei soffermarmi più dettagliatamente sul modello della mia scuola di formazione che si base sui principi fondamentali del Counseling Pluralistico Integrato ASPIC (vedi: http://ri-trovarsi.myblog.it/archive/2008/11/10/chi-e-il-counselor-ad-approccio-umanistico-pluralistico-inte.html ).

Uno dei principi guida della mediazione AEMeF è che solo la coppia se opportunamente guidata e sostenuta può trovare una soluzione intrinseca al proprio conflitto , trasformandosi da due contendenti “senza esclusione di colpi” a due adulti consapevoli della loro scelta e pronti per una nuova progettualità : essere genitori insieme.

Questo contrariamente a quanto accade con la soluzione giuridica che il più delle volte essendo imposta dall’esterno, non soddisfa i due partner trascinando a questo modo il conflitto all’infinito.

La carta vincente del modello ASPIC/AEMeF è nell’avere un approccio Pluralistico Integrato che applica metodologie e strategie di diverso orientamento teorico (Sistemico-Relazionale, Rogersiano, Cognitivo-Comportamentale, Psicodinamico, Psicoanalitico, PNL e Gestalt) tagliate “su misura” per la coppia in quel determinato momento del percorso e in più riunisce nella figura del Mediatore anche quella di Counselor Umanistico, capace, ove occorre, di agevolare i partner nei momenti più difficili del loro cammino.

Altra caratteristica che discosta questo modello da altri tipi di Mediazione è quella di lavorare sul processo del conflitto più che sui contenuti. Alla domanda “su cosa si sta litigando?” , noi operatori AEMeF preferiamo “perché si sta litigando? … in che modo si sta litigando?” nell’ottica di rendere sempre più consapevole la coppia sul “vero” conflitto che l’ha portata alla decisione di separarsi.

Per questo motivo anche la durata del percorso è variabile, non si può prevedere e standardizzare in un numero tot di sedute, bensì seguirà le reali esigenze dei partner durante la ri-scoperta della loro storia. Infatti, pur articolandosi in quattro fasi ben definite, esse non costituiscono regole rigide, ma una mappa da cui il mediatore attinge secondo le esigenze del caso che ha di fronte.

Possiamo riassumere i principi su cui si basa la Mediazione Familiare AEMeF in:

  • La crisi non è intesa in senso patologico, ma secondo il significato etimologico della parola che deriva dal greco “crino” = “scelta”
  • Le coppie si scelgono collusivamente => Ogni partners spera che l’altro lo liberi dal conflitto di fondo questa aspettativa porta ciascuno dei due ad una scelta del compagno/a che è determinata dalla propria conflittualità e dalla propria carenzae inconscia irrisolta. Il conflitto di fondo, non superato, viene esternato in ruoli diversi e complementari, dove la compresenza di questo tipo di conflitto favorisce i tentativi di guarigione spontanea che sono progressivi in un partner (ad esempio: comportamento autoritario e aggressivo) e regressivi nell’altro (infantile, dipendente). La relazione progressiva-regressiva provoca l’attrazione e l’attaccamento tra i partners. Ma nella convivenza prolungata la collusione fallisce a causa del ritorno del rimosso in entrambi i partners: gli aspetti delegati sul partner raffiorano nella propria psiche e nasce il conflitto.
  • Le coppie in crisi presentano modelli di interazione disfunzionale => non sanno più comunicare
  • Ogni coppia presenta un tema Relazionale Conflittuale Centrale => cioè una modalità ripetitiva di relazione che viene messa in atto, automaticamente e inconsapevolmente, di relazione in relazione.
  • La rabbia sottende sempre un dolore
  • Non c’è un numero precostituito di sedute
  • Si affrontano le problematiche così come le presenta la coppia
  • Si trae vantaggio solo da accordi presi con intima convinzione piuttosto che da una cooperazione solo formale

Gli obiettivi a cui mira la Mediazione AEMeF sono:

  • Curare tutti gli aspetti della separazione/divorzio, sia quello psicologico che quello legale ponendo una particolare attenzione al conflitto e alle emozioni
  • Individuare gli stili di interazione
  • Individuare le collusioni
  • Far giungere la coppia alla consapevolezza dei propri modelli disfunzionali e modificarli
  • Ristrutturare la comunicazione
  • Addestrare i partner all’empatia reciproca
  • Giungere alla cooperazione convinta => nuova complicità e nuova progettualità per diventare GENITORI INSIEME
  • Definire un accordo.

venerdì 24 settembre 2010

La Mediazione Familiare


La Mediazione, come indica il significato etimologico della parola “essere in mezzo, dividere, aprire nel mezzo” è quel processo che un terzo neutrale pone in essere per permettere alle parti in conflitto di riprendere un dialogo e di riappropriarsi della propria capacità decisionale eliminando o riducendo gli effetti stessi di tale conflitto.

La mediazione familiare è, quindi, un intervento professionale rivolto alle coppie e finalizzato a riorganizzare le relazioni familiari in presenza di una “volontà” di separazione e/o di divorzio. Obiettivo centrale della mediazione familiare è il raggiungimento della BIGENITORIALITA’ ovvero la salvaguardia della responsabilità genitoriale individuale nei confronti dei figli.

La mediazione familiare è una disciplina trasversale che utilizza conoscenze proprie alla sociologia, alla psicologia e alla giurisprudenza finalizzate all'utilizzo di tecniche specifiche quali quelle di mediazione e di negoziazione del conflitto.

Si tratta di un processo che mira a far evolvere dinamicamente una situazione di conflitto aprendo quei canali di comunicazione che si erano bloccati. Essa si propone di accompagnare le persone ad assumersi la responsabilità dei propri atti e di conseguenza ri-trovare quel filo delle nostre vite che abbiamo già in mano ma che momentaneamente ci è sfuggito.

Questo tipo di intervento offerto alla famiglia in crisi si basa su di un presupposto essenziale, che lo differenzia da ogni altro tipo di intervento volto a risolvere le dispute: le persone, pur nel disordine emotivo/organizzativo che spesso accompagna una crisi coniugale, hanno la capacità di autodeterminarsi ed assumersi la responsabilità di decidere ciò che è meglio per loro, evitando di delegare ad un terzo, avvocato o giudice che sia, questo compito.

Essa mira a creare un setting specifico, uno spazio e un tempo "neutro" dove i coniugi abbiano la possibilità di "ripensarsi" come coppia, o come coppia che si separa ma che rimane unita nell'esercizio della funzione genitoriale: qualora la separazione dovesse essere l'opzione scelta. I coniugi durante il percorso di mediazione avranno l'opportunità di riorganizzare emotivamente e pragmaticamente la loro vita. Attraverso un percorso strutturato di negoziazione si giunge a degli accordi "ragionevoli e mutualmente soddisfacenti" su tutti gli aspetti inerenti il divorzio: modalità di affidamento dei figli, calendario delle visite per il genitore non affidatario, assegno di mantenimento, divisioni patrimoniali, spartizione dei beni ecc.

Il riferimento che la legge fa alla Mediazione è la previsione inserita all’articolo 155 sexies secondo Comma del Codice Civile, che dà al giudice la facoltà, dopo aver sentito le parti e ottenuto il loro consenso, di rinviare il provvedimento di affido e permettere così ai coniugi di avvalersi di esperti per arrivare attraverso la mediazione ad un accordo.

Da questo si deduce che la Mediazione è un percorso volontario ed autonomo, una scelta privata in quanto il legislatore indica che centri di mediazione pubblica non possono essere finanziati con questa legge e quindi lo Stato non si assume nessun onere sociale in termini di spesa.

Le 4 basi su cui si fonda la Mediazione sono:

1. Intervento di un terzo imparziale come mediatore

2. Il coinvolgimento di tutte le parti in conflitto

3. Il piano extra-giudiziale

4. La non costrizione ad accettare il procedimento e il suo esito.

Le prime esperienze di mediazione furono avviate in America negli anni settanta, sia da parte di psicologi che da parte di avvocati matrimonialisti, che non riuscivano a ‘mettere d’accordo’ i loro clienti più litigiosi, carichi di rancore verso l’ex partner al punto di cercare continue ripicche per ferire l’altro, anche attraverso il coinvolgimento dei figli.

Successivamente, si assiste al suo sviluppo in tutta l’Europa occidentale e negli anni 80 compare in Italia; nel 1987 si costituisce a Milano l’associazione GEA (genitori ancora) per diffondere la conoscenza e la pratica della mediazione familiare.

Da qui il fiorire di Associazioni e scuole di formazione tra cui l’ASPIC (Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Individuo e della Comunità), la Scuola Genovese.

Nel 1995 viene fondata la SIMeF, Società Italiana di Mediazione Familiare e nel 2003 l’AEMef, Associazione Europea Mediatori Familiari.

A tutt’oggi in ogni paese continuano a nascere scuole di pensiero che sviluppano e portano avanti modelli diversi, facendo sì che la cultura della Mediazione si diffonda, si evolva e si perfezioni.

Il percorso di mediazione familiare rappresenta per la coppia un’opportunità per esplorare soluzioni illuminate e propositive soprattutto per il ben-essere dei figli, è una nuova filosofia di vita nella gestione delle negatività come il livore, il rancore, la litigiosità, la competizione per arrivare ad una evoluzione personale recuperando quella capacità di scelta che ci restituisce il ruolo di protagonista della nostra vita.

giovedì 23 settembre 2010

Cambiare la cultura della separazione ...



La separazione dei coniugi è un istituto disciplinato dal codice civile ,dal codice di procedura civile e da una serie di leggi speciali.

La separazione non scioglie il vincolo matrimoniale e, quindi, non fa venir meno lo status giuridico di coniuge (effetti che saranno prodotti eventualmente dalla pronuncia di divorzio), bensì fa cessare alcuni degli effetti propri del matrimonio (scioglimento della comunione legale dei beni, cessazione degli obblighi di fedeltà e di coabitazione) ma non intacca gli altri effetti che continuano a prodursi tra i coniugi seppur in forma differente o limitata (obbligo di contribuzione nell’interesse della famiglia, obbligo di mantenimento del coniuge più debole e dovere di mantenere, educare ed istruire la prole).

Ci si separa sostanzialmente perché si spera di ri-trovare in qualcun altro quello che il nostro coniuge “non è stato capace di darci” pur, in qualche modo avendocelo promesso.

A volte si inizia un cammino insieme, con dei presupposti e delle visioni del mondo che coincidono o che si completano a vicenda. Ma poi la crescita di ognuno prende delle strade diverse e così ci si ritrova a muovesi in direzioni opposte.

Se una nave è diretta a San Salvador e l’altra a Cape Town, non ci sono più molte rotte comuni passato lo stretto di Gibilterra….

Può succedere che uno dei due, in genere quello che richiede la separazione, elabori prima dell’altro il distacco ed è quindi più autonomo, mentre l’altro rimane emotivamente coinvolto e non riesce a superare quest’esperienza vissuta, nella maggior parte dei casi, come un fallimento personale, uno smacco o un affronto.

Per questo motivo spesso il coniuge che viene lasciato rifiuta la realtà dei fatti; le emozioni prevalenti sono l’angoscia e la collera, che possono essere seguite dal desiderio di punizione e di vendetta.

Avvocati, consulenti di parte, accuse reciproche, vendette, querele, denunce, e in tutto questo caos i figli con i loro bisogni di legame, di sicurezza e di sostegno, spariscono sullo sfondo della scena.

Cosa significa cambiare la cultura della separazione?

Significa prima di tutto diffondere la consapevolezza che la separazione può essere affrontata in maniera diversa, assumendosi la responsabilità della propria vita.

La separazione è un tornado emotivo che ci fa perdere la connessione con noi stessi proiettando sull’altro il nostro senso di fallimento e di vuoto; com-prendere che abbiamo contribuito anche noi a realizzare la situazione di crisi significa essere in grado di salvaguardare quello che di positivo c’è stato, soprattutto quando ci sono i figli.

La conflittualità che molto spesso accompagna le separazioni coniugali rende ciechi i genitori dei bisogni effettivi ed affettivi dei propri figli: la separazione dei genitori significa per il bambino avere un padre ed una madre che non si amano più innescando in lui conflitti e domande sul se sia giusto continuare ad amare entrambi dal momento che loro non si amano più.

Il bambino si viene così a trovare in un “limbo” affettivo dove non esistono più certezze e i genitori, prima diade indissolubile, si dividono spesso in un “genitore buono” e in un “genitore cattivo” creando in lui senso di abbandono, confusioni e sensi di colpa,. Per evitare questo è necessario che gli ex coniugi affrontino la fine della coppia riuscendo a portare in salvo il legame. Imparando ad uscire dai ruoli precostituiti, ascoltandosi e rispettandosi; ricercando e riconoscendo, accanto a ciò che è stato fonte di dolore e ingiustizia, ciò che di buono e giusto è stato compiuto e distribuito nella relazione.

Come si realizza tutto questo?

  • Distinguendo la relazione di coppia da quella genitoriale
  • Riscoprendo la propria integrità individuale
  • Riscoprendo la capacità di gestire la genitorialità
  • Rispettando la dignità dell’essere genitori anche in un contesto familiare di crisi
  • Garantendo ai figli di restare tali anche in caso di separazione
  • Riscoprendo una nuova progettualità.


Il cambiamento “epocale” della legge nr.54 dell’8 Febbraio 2006 sull’Affido Condiviso, consiste proprio nel considerare i figli non più oggetti di tutela bensì soggetti di diritto. In questo modo viene del tutto capovolto il sistema vigente fino ad allora in base al quale i figli erano affidati o all'uno o all'altro dei genitori secondo il prudente apprezzamento del presidente del tribunale o del giudice o secondo le intese raggiunte dai coniugi in favore di una BIGENITORIALITA’ CONDIVISA.

I figli hanno il DIRITTO INALIENABILE di:

  • Mantenere un rapporto equilibrato e continuo con entrambi i genitori
  • Continuare ad essere istruiti – educati – mantenuti
  • Continuare ad avere rapporti significativi con i parenti di entrambi i rami genitoriali


Questo comporta il riconoscimento da parte di ciascun genitore della genitorialità dell’altro come valore permanente che non si limita al periodo felice della vita di coppia ma rimane anche dopo la separazione.

Vivere consapevolmente la propria genitorialità significa perciò garantire ai figli che l’amore dei genitori è “per sempre” anche quando l’amore nella coppia non c’è più.

Rispettare i figli significa quindi evitare il danno esistenziale che viene loro inflitto quando i genitori duellano senza esclusione di colpi per effetto di un intenso e insanabile conflitto.

In questo scenario la Mediazione Familiare può avere un ruolo significativo di accompagnamento verso una separazione consapevole dei due coniugi in difesa del diritto dei figli alla bigenitorialità, sostenendo ed aiutando la coppia attraverso una ristrutturazione della comunicazione perché riconosca il valore comune, la responsabilità comune e la pari dignità dell’essere e restare genitori anche quando il rapporto di coppia finisce.

L’obiettivo a cui tende la Mediazione Familiare è quello di “separarsi insieme” imparando a gestire le emozioni negative, prendendo atto della responsabilità di ognuno nella crisi del rapporto per costruire anche dalle macerie un progetto comune di genitori.