" ... Il libro della vita comincia con un uomo e una donna in un giardino e finisce con .... l'Apocalisse"

Oscar Wilde

lunedì 29 novembre 2010

Ri-Stabilire il proprio mondo ...


Una volta sciolti i vincoli coniugali, rimane intatto il nocciolo duro della famiglia: i figli. Ed è sul compito di gestire la paternità e la maternità che gli ex-coniugi possono essere aiutati da un percorso di Mediazione che li accompagnerà a ri-incontrarsi come genitori e a stabilire insieme le basi per una nuova progettualità.

Per i bambini la compresenza del papà e della mamma è una situazione naturale e, se fosse per loro, non la porrebbero mai in dubbio. Pertanto la separazione familiare richiede un notevole impegno da parte degli adulti affinchè i bambini possano comprenderla e accettarla.

Le emozioni dei genitori provocano nei figli reazioni diverse: mentre la rabbia suscita paura, la depressione sollecita atteggiamenti di conforto e cura che, se prolungati, possono dar luogo nell’adolescenza ad una vera e propria inversione dei ruoli. Come ho sottolineato precedentemente spesso può succedere che i figli si trasformino in genitori dei propri genitori.

Poiché per il bambino sono determinanti i cambiamenti che avvengono nella sua esistenza, è essenziale che i genitori si immedesimino in lui per vedere la situazione dal suo punto di vista. Se gli adulti, separandosi, gli hanno rivoluzionato la vita cerchino per quanto possibile di mantenere intatto il suo habitat.

Ad esempio per un bambino piccolo, almeno fino ai 5 anni, la stabilità dell’ambiente in cui è cresciuto è un fattore essenziale, perché gli permette di conservare il rapporto con la realtà esterna. Il problema si pone quindi in maniera evidente quando i genitori cessano di convivere. A questo proposito, per non destrutturare i suoi punti di riferimento, che non sono solo spaziali e temporali ma anche simbolici e affettivi, occorre che, nei limiti del possibile, il bambino continui a vivere nella stessa casa, tra i vicini di sempre, circondato dai suoi oggetti abituali. Può sembrare insignificante, ma cambiare il letto, non ritrovare più il proprio cuscino, per un bambino può essere destabilizzante. L’infrangersi dei suoi gusci di protezione, dei suoi rituali, può lasciarlo in balia di un mondo estraneo e ostile che da solo potrebbe non saper controllare trasformando così la notte in un interminabile incubo.

Per essere ritenuto familiare lo spazio ha bisogno di essere costante e fermo, disponibile alle esplorazioni infantili e ai rituali di riconoscimento. La familiarità delle percezioni e la consuetudine dei gesti sono per lui fonte di gioia e rassicurazione. Aperti gli occhi, controllata la stabilità del mondo, cercherà con la mano il suo oggetto preferito e se lo stringerà al petto con gioia, come se ritrovasse una parte perduta di sé. Poi darà un nome alle cose buone che lo attendono: il latte, i biscotti, la tazza o il biberon. Se può constatare che le sue attese sono esaudite, ne ricava calma, sicurezza,fiducia. Negli anni magici le cose sono importanti come le persone; utilizzando gli oggetti che hanno quotidianamente a disposizione, i bambini affinano le loro percezioni, perfezionando le loro capacità.

Inoltre la stabilità dello spazio e la continuità del tempo sono connesse, a quell’età i processi di sintesi, sono così precari che la disgregazione dell’ambiente può diventare disaggregazione di sé. Se, come è auspicabile, il bambino rimane nella casa dove ha vissuto con mamma e papà, potrà mantenere un filo di continuità nella propria storia che altrimenti potrebbe spezzarsi. Solo poco per volta sarà in grado di distinguere tra l’Io e il mondo e di riconoscere che le cose continuano ad esistere anche quando sono fuori dalla sua capacità di percezione e manipolazione. A quel punto il bambino potrà fermarsi a dormire nell’abitazione del genitore non convivente senza eccessiva ansietà. Soprattutto se vi troverà oggetti noti come il cuscino, la copertina, un pigiamino usato, il giocattolo preferito.

Anche gli orari, le azioni e i gesti dovrebbero essere il più possibile costanti. L’abitudine svolge infatti una importante funzione di rassicurazione.

I figli di coppie separate si trovano spesso a transitare tra due modi di vita diversi e contrapposti che da soli non riescono a ricomporre. Poiché il raggio d’esperienza dei bambini si allarga progressivamente, la loro capacità di accettare le differenze di comportamento senza sentirsi lacerati ha bisogno di un clima sicuro, dove i punti di riferimento siano il più possibile costanti. Ogni strappo nell’omogeneità del mondo rischia di provocare una fuga regressiva nei precedenti stadi di sviluppo. In questi casi il bambino ricomincia a piagnucolare, a succhiarsi il dito, a farsi la pipì addosso, a balbettare.

Ancora oggi è raro che entrambi i genitori abbiano le stesse responsabilità nei confronti dei figli e la stessa competenza nei vari aspetti della cura del bambino e della gestione della casa. Nella maggior parte delle famiglie ci sono dei compiti riservati al padre e altri riservati alla madre. I bambini avranno ormai dimestichezza con questa differenza di ruoli e tenderanno ad andare da un genitore per un ginocchio sbucciato o una comunicazione da parte della scuola, e dall’altro per un giocattolo rotto o la tastiera del computer che si è bloccata.

Dopo la separazione i genitori si ritroveranno probabilmente a dover ricoprire anche i ruoli cui un tempo assolveva l’ex compagno o compagna. In un ottica positiva entrambi i genitori potrebbero considerare la situazione come un’occasione per sperimentare aspetti della genitorialità che non avevano vissuto prima. E’ però probabile che a volte si sentano sopraffatti dalla necessità pratica di rispondere alle esigenze dei figli senza l’appoggio di un altro adulto e magari si trovino a dover imparare a gestire alcuni aspetti della cura dei figli con cui prima avevano poco a che fare.

Allo stesso modo un genitore può scoprire di dover “passare” all’altro un’attività che una volta era vista, da lui e dal bambino, come un tempo speciale da condividere. E’ anche possibile che un genitore abbia l’ansia che il bambino non riceva dal genitore che se ne è andato lo stesso livello di cura che riceve in casa. Il fatto di doversi assumere muovi ruoli o di dover cedere propri compiti familiari può essere per i genitore fonte di disagio, mentre per i bambini ricorda ulteriormente che la situazione è cambiata.

All’inizio accettare i genitori nel nuovo ruolo e imparare a fidarsi di loro può essere destabilizzante e fonte di preoccupazione. Questo è ovviamente un altro aspetto nel quale la comunicazione tra i genitori è vitale per il benessere dei loro figli.

Anche in questo caso la Mediazione può essere un valido aiuto nell’agevolare i genitori a comprendere le priorità delle esigenze dei figli cercando di impedire i sabotaggi reciprochi

venerdì 26 novembre 2010

Le reazioni dei figli alla separazione: linee guida (II parte)



Allacciandomi al post precedente, continuo con le successive fasi di sviluppo e le conseguenti reazioni di fronte ad una separazione dei genitori.


TERZA INFANZIA: 5-11 ANNI

capisaldi dello sviluppo:

  • relazioni con i coetanei e rapporti con la comunità
  • sviluppo del senso morale
  • empatia e maggior controllo delle emozioni
  • sviluppo dell’immagine di sé in rapporto a competenze e abilità

Giunti a questa età i bambini hanno una maggiore capacità di parola e cominciano ad avere una comprensione più sottile delle relazioni e delle loro difficoltà. Hanno anche una maggiore idea della complessità delle relazioni fra gli adulti e possono essere consapevoli che alcuni amici, vicini o compagni di scuola hanno i genitori separati. In una visione più positiva, a questa età i bambini possono cominciare a capire che la situazione può anche cambiare in meglio e non necessariamente in peggio.

conseguenze della separazione:

  • possibile tristezza
  • espressione diretta del dolore e della collera
  • paure concernenti denaro, cibo, abitazione
  • comprensione empatica di uno o entrambi i genitori con possibile intesa/ condanna di uno dei due (schierarsi)

rischi:

  • scarso rendimento scolastico (peggioramento)
  • possibili stati depressivi
  • preoccupazioni relative al divorzio, verbalizzazione ansiosa
  • tentativi di riunire i genitori con acting-out (malesseri, scarso rendimento scolastico, mutismo, ecc.)
  • bugie e inganni superiori alla norma

In questa fase il bisogno principale dei bambini risiede nella “Guida” da parte del genitore che deve essere presente come elemento di contenimento e di stabilità. L’assenza del genitore produce in questo caso paura ed insicurezza ma anche vergogna rispetto ai coetanei con tendenze a diventare aggressivi e momenti di ritiro.

PREADOLESCENZA E ADOLESCENZA: 12-18 anni

capisaldi dello sviluppo

  • emancipazione psicologica: ulteriore strutturazione dell’identità
  • “lutto” per la perdita dell’infanzia; dipendenza; ricerca di protezione in famiglia
  • gestire gli impulsi sessuali
  • confrontarsi con le regole della società

A questa età i figli hanno un’idea più complessa delle problematiche che si manifestano quando finisce un rapporto di coppia. Essendosi lasciati alle spalle il “chiacchiericcio” dell’infanzia e avendo dato inizio ad una vita sociale che esclude decisamente i genitori possono inoltre rivelarsi assai poco comunicativi, parlare poco o non parlare affatto con il padre o la madre di quello che sta accadendo in casa e cercare magari conforto negli amici. Gli adolescenti cominciano a diventare coscienti della propria sessualità e a muovere i primi passi verso la costruzione di relazioni complesse. E’ quindi probabile che, a differenza dei figli più piccoli, siano consapevoli della natura sessuale dei rapporti tra i partner o gli ex partner e si formino un opinione in merito.

conseguenze della separazione:

  • l’assenza di una famiglia intatta con cui confrontarsi può portare ad una emancipazione precoce o incompleta (p.es. ricerca di un partner anziano da cui ricevere protezione)
  • sentimenti di imbarazzo nei confronti della propria famiglia
  • possibile svalutazione di uno o entrambi i genitori
  • irritazione o disgusto per la vita sessuale dei genitori
  • gli amici e gli impegni vengono collocati al primo posto

rischi:

  • possibili acting-out (droga, promiscuità sessuale, fughe, sette, ecc.) alla ricerca di un senso di appartenenza
  • adolescenza ritardata: desiderio di restare bambino
  • dubbi sulle proprie capacità; investimenti eccessivi nelle relazioni o rotture improvvise

Anche se a questa età la separazione non è generalmente un evento imprevisto, tutta via le difficoltà psicologiche , specialmente degli adolescenti, si aggravano. La sensazione improvvisa di aver perso il senso di stabilità acquisita nell’infanzia con le sue tranquillizzanti certezze, il non riconoscersi fisicamente, mentalmente e affettivamente, l’attraversare un senso di esclusione dalle vecchie sicurezze senza avere ancora chiaro verso quale territorio si sta andando, la tristezza e la rabbia per ciò che si lascia, l’eccitazione e la paura per quello che si sta diventando, sono alcuni dei sentimenti che si trovano nel cuore degli adolescenti. E’ quindi necessario trovare un nuovo adattamento per poter superare i comportamenti conflittuali determinati dallo stress e dalla particolare vulnerabilità del momento. In questa età il bisogno dei ragazzi è di avere nel genitore un modello ma anche un “limite” all’espansione. In questa fase perciò è fondamentale che i genitori non producano disorientamento con la loro assenza e si sforzino a non essere distratti e permissivi bensì a porsi come guide affettuose e nello stesso tempo autorevoli per non perdere quel riferimento educativo e di sostegno necessario in questo delicato momento dello sviluppo.

mercoledì 24 novembre 2010

Le reazioni dei figli alla separazione: linee guida (I parte)


Per poterci rendere conto davvero dell’impatto che può avere sui figli la separazione dei genitori, dobbiamo considerare che le reazioni e il comportamento dei bambini saranno in larga misura determinati dalla loro età e dalla loro fase evolutiva. A questo proposito potrebbe essere utile una sorta di linea guida relativa alle varie fasi di sviluppo, tenendo presente che si tratta sempre di una griglia di aiuto da modellare poi secondo il proprio sentire.


PRIMA INFANZIA : 0-2 ANNI

capisaldi dello sviluppo:

· si formano i legami di attaccamento con le figure primarie

· i bambini sviluppano un senso di fiducia nei confronti dell’ambiente e del mondo

A questa età i figli non sono chiaramente in grado di parlare dei propri problemi e potranno capire il significato di poche o di nessuna delle parole che sentono, ma non saranno ovviamente indifferenti ad una situazione in cui chi si occupa di loro sta male, è arrabbiato o depresso o ha suoni che esprimono rabbia e aggressività. Il bambino è in questo senso consapevole che qualcosa non funziona e ne è di conseguenza turbato.

conseguenze della separazione:

  • sentimento di perdita di contatto con una figura primaria
  • sentimento di perdita dell’ambiente familiare (ritmi, presenze, voci, routine)


rischi:

  • la perdita di contatto con una figura primaria può causare depressione e regressione (il bambino si comporta come se fosse più piccolo)
  • una lunga separazione da una figura di attaccamento primaria può creare problemi per future separazioni e altre relazioni affettive

La cosa migliore da fare è creare intorno a loro un ambiente calmo; perché per i bambini così piccoli i genitori sono l’unica realtà e il loro universo. L’atteggiamento della figura materna, che è quella che più si prende cura di loro a questa età, è perciò fondamentale perché il bambino piccolo non capisce il significato della separazione ma avverte la rottura del rapporto attraverso la mancanza di affettuosità delle cure da parte della madre.


SECONDA INFANZIA: 2-5 ANNI

capisaldi dello sviluppo:

  • aumenta la consapevolezza della propria individualità
  • interiorizzazione delle figure primarie e capacità di pensare al genitore lontano (autoconforto)
  • il bambino incomincia ad esprimere verbalmente sentimenti e stati d’animo
  • identificazione col genitore del proprio sesso

In questa fase i bambini tendono a mettersi al centro del mondo e a pensare perciò in termini di “tu non mi vuoi bene” ed “è tutta colpa mia”. E’ una fase molto delicata ….

conseguenze della separazione:

  • può considerarsi responsabile della separazione (pensiero magico, egocentrismo)
  • ansia relativa al soddisfacimento dei bisogni primari: alimentazione, cure fisiche, spostamenti…
  • fantasie di riunificazione

rischi:

  • regressione: perdita di competenze già acquisite
  • perdita del genitore del sesso opposto come agente socializzante, o del genitore dello stesso sesso come modello di identificazione
  • sentimenti di abbandono che possono tramutarsi in tristezza, depressione, scarsa autostima e interferire con lo sviluppo

In questa fase i bambini hanno paura di perdere protezione, cure e rifugio in una parola hanno paura dell’abbandono quindi è opportuno lasciarli soli il meno possibile ed è bene star loro vicini fisicamente, fare progetti su piccole cose da fare insieme. Accompagnare il figlio a scuola soffermandosi a chiedere quello che farà durante il giorno e soprattutto non arrivare in ritardo a riprenderlo e non delegare ad altri questo compito.


Continua nel prossimo post .........

mercoledì 17 novembre 2010

Le parole per dirlo ...


Come è difficile spiegare le cose ai bambini!! Soprattutto trovare le parole giuste per dire loro la situazione che sta accadendo …..

Prima di prendere la parola, i genitori dovrebbero già essersi accordati su che cosa dire, e innanzitutto su che cosa i figli si attendono che loro dicano. E’ preferibile, inoltre, se possibile, che la notizia venga data da entrambi i genitori insieme. Questo elimina la possibilità che il bambino pensi “forse papà non desidera separarsi veramente” o “posso cercare di convincere mamma a cambiare idea”. Se questo non è possibile, bisogna spiegare chiaramente che si tratta di una decisione presa di comune accordo: “mamma e io abbiamo deciso …”.

Se una storia finisce, molti sono gli elementi negativi in gioco e le frasi tendono allora a cominciare con “non”, “mai”, “purtroppo”, “mi dispiace”, “non è colpa mia”. Ma perché il tessuto degli affetti non si sbricioli va preservato ed evidenziato il nucleo positivo dei rapporti familiari: “si può cessare di essere marito e moglie, ma si resta padri e madri per sempre”. Esistono ex coniugi , ma non esistono ex genitori o ex figli.

I figli devono poter assorbire questo cambiamento esistenziale (che loro non hanno ricercato) senza grossi traumi e per questo servono parole chiare e rassicuranti. Hanno bisogno di ritrovare al più presto la tranquillità e per questo serve anche saper tacere su particolari che possono turbarli o mettere in cattiva luce un papà o una mamma a cui sono affezionati, in cui si identificano o di cui hanno bisogno per essere rassicurati sulla loro identità di maschio o di femmina.

Nel momento della separazione, l’etica risiede nel porre al primo posto il bene dei figli e la Mediazione Familiare è la portabandiera di questo concetto. Forte infatti è la tentazione di discolparsi, di porsi in buona luce, di far valere le proprie ragioni contro quelle dell’altro; ma non si chiede ai genitori di essere perfetti, tanto meno in questi frangenti, basta che siano genitori sufficientemente buoni.

Si sa le parole costituiscono al tempo stesso un farmaco o un veleno, a seconda di come le si usa; vanno pertanto utilizzate con discrezione, senza dire troppo né troppo poco. E’ bene che ognuno pronunci le espressioni che gli vengono dal cuore, senza ripetere formule magiche.

Nel momento in cui si dichiara sciolto il patto matrimoniale i figli, impegnati a sopravvivere, si attendono prima di ogni altra cosa di essere rassicurati che la loro condizione non cambierà, che i genitori, seppur in modo diverso, saranno sempre accanto a loro.

Non si tratta soltanto di assistenza, di sollecitudine materiale, ma di disponibilità affettiva, di amore: da dimostrare nel presente, garantire per il futuro e riconoscere nel passato. I figli infatti possono pensare che se l’unione dei genitori non funziona più, se il loro matrimonio è fallito, forse non è mai stato valido. E, di riflesso, anche la loro nascita diventa un evento negativo.

La dissoluzione della coppia che li ha generati può farli sentire “nati per caso o per errore”, figli sbagliati di una unione infelice che sarebbe meglio non fosse mai avvenuta.

I bambini e i ragazzi, se vengono coinvolti nella decisione, si sentono presi sul serio, li conforta sapere che i loro problemi sono riconosciuti e che i genitori, senza drammatizzare, se ne preoccupano.

Ovviamente ogni età avrà le sue “parole per dirlo” in corrispondenza delle fasi di sviluppo dei bambini o ragazzi....... (continua nel prossimo post )

sabato 13 novembre 2010

Dire ... non dire ...



Le domande che frullano nella testa dei bambini, come abbiamo visto nel post precedente, ci hanno avvertito di quanto sia importante il modo con cui la separazione dei genitori diventa per i figli realtà immediata, fatto accaduto e memoria indelebile.

I genitori che stanno per separarsi, abbiamo visto, hanno tanti e tali problemi che tendono a semplificare le cose. Una delle peggiori semplificazioni e forse la più nociva è quella di non parlarne con i figli.

Se così stanno le cose, ne consegue la necessità di porre il massimo di attenzione nel comunicare ai figli una decisione che li coinvolge profondamente e che cambierà in ogni caso la loro vita. In quei frangenti nulla è secondario o accidentale. Tutto va preparato con cura, senza tuttavia che il dialogo sembri il copione di una recita imparata a memoria.

Il difficile è proprio far coesistere, nello stesso momento, riflessione e spontaneità, l’ascolto di sé e degli altri. Solo evocando la propria infanzia o adolescenza, gli stati d’animo che si è provati in particolari momenti di tensione e di angoscia, si potrà riuscire a mettersi in sintonia con i figli. Chiedendosi come avremmo vissuto noi un’analoga situazione, in che modo avremmo reagito se ci fossimo trovati nei loro panni. Tutto questo può essere agevolato dal percorso di Mediazione che in una delle sue fasi porta i genitori, attraverso il role playing, a mettersi nei panni dei figli nel momento in cui viene comunicata loro la notizia.

In ogni caso, prima di riflettere sul modo migliore di comunicare la separazione familiare, occorre affrontare un problema preliminare: dirlo o non dirlo??

Nonostante, come ho detto, l’assoluta necessità di coinvolgere “sapientemente” i figli in quello che sta succedendo, persiste ancora il pregiudizio che sia meglio mantenere i bambini all’oscuro di tutto. ….. per il loro bene, naturalmente …

Ma un figlio è già nel conflitto dei suoi genitori, non si tratta di introdurlo arbitrariamente nel campo di battaglia, nel farlo un complice, ma di considerarlo un soggetto, con diritto di parola!!

Se padre e madre non lo angosciano troppo, il bambino tende a tenersi fuori dalla contesa; spetta tuttavia agli adulti che partecipano all’evento coinvolgerlo, non tanto nei loro problemi quanto nei suoi. La consapevolezza di ciò che si sta vivendo aiuta a superare la paura che si insinua negli interstizi dell’imprevisto e nell’ignoto.

Non lasciatevi ingannare dalla sua apparente indifferenza, dal fatto che non fa domande, non ascolta i discorsi che si fanno in sua presenza, appare allegro. Poiché un figlio respira l’atmosfera familiare e avverte, seppur inconsapevolmente, tutti i rischi che incombono, il silenzio diviene, come nei migliori film di suspense, la peggiore delle minacce.

Anche la menzogna: “papà è lontano per lavoro” ha un effetto destrutturante, perché il sospetto dell’inganno tende a dilagare su tutti i rapporti rendendo il bambino disincantato per credere a chicchessia.

Nella separazione la durezza è nei fatti e si tratta di lenirne l’impatto emotivo; altrimenti si lasciano soli i più piccoli nel difficile compito di registrare l’evento, fissarlo nella memoria e dargli un senso.

Paradossalmente risulta più agevole decidere di comunicare ai figli la fine della famiglia, di quella famiglia, quando la corrosione dei rapporti è esplicita e plateale, quando la corrosione dei rapporti e di rancori ha reso l’atmosfera familiare irrespirabile. Se invece la dissoluzione dei legami è stata lenta, sommessa, sotterranea, il gesto di ufficializzarla può sembrare immotivato e il momento arbitrario.

In ogni caso, quel giorno resterà impresso nella memoria come un flash che segnerà uno spartiacque nella vita di tutti: un “prima” e un “poi” difficili da ricomporre. Quando tra genitori e figli si era precedentemente costruito un patto di fiducia e di alleanza, occorre conservarlo come il più prezioso dei beni. E la fiducia si basa sempre sulla verità, anche la più dolorosa.

Naturalmente il modo di comunicare una decisione così importante per la loro vita varia a seconda delle circostanze e dell’età dei figli.

Certe volte i genitori che hanno intenzione di separarsi si affrettano a darne notizia ai figli quasi volessero far precipitare la situazione, in modo che accada davvero qualcosa , questo può succedere quando tra loro se ne è parlato troppo, o al contrario troppo poco.

Anche il timore che i bambini o i ragazzi lo vengano a sapere da altri li spinge a prendere spesso l’iniziativa e ad agire.

Oppure è il desiderio di rompere la solitudine, di confidarsi, di essere capiti e consolati che fa dilagare le loro emozioni rompendo l’argine dell’essere genitore, buttando in questo modo sul bambino tutto il loro dolore.

E’ probabile che il momento opportuno non esista e che ci si debba accontentare di una certa approssimazione: comunque è meglio parlare che tacere, agire piuttosto che far finta di nulla. Pur sapendo che molte volte sono gli eventi a decidere.

In ogni caso, anche quando sembra scontata, la dichiarazione “Noi ci separiamo” risulta sempre traumatica per chi la riceve, soprattutto per i figli, che cercano in ogni modo di schermarsi dall’impatto diretto dei fatti.

Tutti i bambini temono di essere abbandonati dai genitori, non tanto perché muoiono, quanto perché, in questa situazione, affettivamente o fisicamente si allontanano da loro; venendo così a confrontarsi con una minacciosa condizione di “orfanità” che neppure le alternative (il nuovo compagno della mamma, la nuova compagna del papà, la ricomposizione di due famiglie) riescono a rendere positiva.

Si cresce così, sapendo di avere dei “grandi” che ti vogliono bene, ma in fondo sai che ti devi arrangiare, pensare a te stessa con le tue forze, magari anche con la paura e l’imbarazzo di chiedere aiuto o affetto.

La conoscenza dei processi mentali dei figli di fronte alla separazione dei genitori non è fine a se stessa. Benchè sia sempre meglio sapere che non sapere è però bene che si traduca anche in modo di agire. In questo caso l’annuncio della separazione deve essere un passo ben ponderato. Non si può agire con il retro pensiero di tornare sui propri passi come se si trattasse di una fiction, di una simulazione per vedere che effetto farà. Non si gioca con gli affetti e le emozioni. La decisione va resa pubblica soltanto quando si è convinti che sia definitiva.