" ... Il libro della vita comincia con un uomo e una donna in un giardino e finisce con .... l'Apocalisse"

Oscar Wilde

lunedì 13 dicembre 2010

S.A.P. : la Sindrome di Alienazione Genitoriale (I parte)



“ Avrei tanta voglia di vedere mio padre, ma mi sento come una prigioniera, avrei l’impressione di tradire mia madre e forse lei mi respingerebbe definitivamente …” (A. 26 anni, vittima di SAP)

In un processo di separazione i genitori, trovandosi a prendere decisioni che riguardano la vita dei figli, dovrebbero assumersi fino in fondo la responsabilità delle proprie scelte e non spostare sui figli l’onere e il peso della scelta, ponendoli così in una posizione di conflitto con il dilemma di scegliere tra mamma e papà.

Meno ancora è accettabile l’atteggiamento manipolatorio del genitore che cerca di arruolare il figlio contro l’altro genitore sminuendone e denigrandone la figura.

Il conflitto tra i genitori mette inoltre a rischio lo sviluppo psichico dei figli: è quindi importante per i genitori avviare un processo evolutivo che renda possibile separarsi come coniugi, rispettarsi come genitori al fine di collaborare nell’educazione dei figli.

La Sindrome di Alienazione Genitoriale descritta per la prima volta da Richard Gardner nel 1985, che solo da pochi anni viene osservata anche nei nostri tribunali, consiste nel rifiuto da parte del minore ad incontrare un genitore.

Per districarci nel complesso mondo della SAP è, quindi, imprescindibile la necessità di partire da un’analisi della conflittualità genitoriale, dalle aggrovigliate motivazioni che la sottendono, come base su cui si strutturano quegli aspetti patologici di cui la SAP è l’esempio più eclatante.

Nella letteratura è ormai condiviso che la separazione ed il divorzio non possono essere considerati eventi “puntiformi” ma “processi” che comportano un’evoluzione delle relazioni familiari sul piano coniugale, su quello genitoriale e su quello riguardante l’ambiente esterno, la famiglia d’origine e gli amici.

Il principale compito che la famiglia separata si trova infatti ad affrontare è la riorganizzazione delle relazioni familiari a livello coniugale e genitoriale. Per poter gestire il conflitto emergente dalla separazione in maniera cooperativa, a livello coniugale la coppia, come già in altri post ho sottolineato, deve elaborare il fallimento del proprio legame, il divorzio psichico. Contemporaneamente a livello genitoriale è necessario che gli ex coniugi continuino a svolgere i ruoli di padre e madre e a riconoscersi come tali ed instaurare un rapporto di collaborazione e cooperazione per tutti gli aspetti che riguardano l’esercizio della genitorialità. Molto spesso però questo non accade e la battaglia esce e si protrae fuori dalle porte del Tribunale innescando nel bambino una suddivisione dei propri genitori in un “genitore buono” e in un “genitore cattivo”.

La conflittualità che molto spesso accompagna le separazioni coniugali rende ciechi i genitori dei bisogni effettivi ed affettivi dei propri figli: la separazione dei genitori significa per il bambino avere un padre ed una madre che non si amano più innescando in lui conflitti e domande sul se sia giusto continuare ad amare entrambi dal momento che loro non si amano più. Molte volte i genitori, consciamente o inconsciamente, quando si contendono l’affidamento del bambino lo “chiamano” ad effettuare una scelta tra di loro.

Quando i genitori non riescono a superare la crisi personale innescata dalla separazione e quindi trovare dentro di sé motivi di autostima, sospinti anche da motivazioni di conflittualità latente, hanno bisogno di definire il coniuge negativamente e quindi anche di definirlo “inidoneo” nel ruolo genitoriale. Da qui la sempre più frequente denigrazione dell’altro genitore agli occhi del figlio e la richiesta, formulata in modo più o meno esplicito, che anche il figlio contribuisca a tale definizione scegliendo lui come unico genitore.

Nei casi di alienazione genitoriale non vi è alcuna possibilità di collaborazione in quanto gli ex coniugi si danneggiano l’un l’altro e soprattutto danneggiano il figlio attraverso un conflitto aspro che si manifesta con squalifiche e denigrazioni reciproche, battaglie giudiziarie interminabili.

Questi figli non esistono più solo per loro stessi ma come oggetto di conflitto tra i due genitori

La rabbia è così intensa che nessuno dei due può accettare i diritti dell’altro neanche come genitore: l’ex coniuge è semplicemente un nemico da eliminare dalla propria vita e anche da quella dei figli, da qui il loro arruolamento all’interno di “triadi rigide”:

  • La coalizione => È definita come l’unione tra due persone a danno di un terzo. Uno dei genitori si allea con un figlio in una coalizione rigidamente definita contro l’altro genitore. Nel caso delle famiglie separate possiamo osservare, frequentemente, una coalizione madre – figlio che esclude il padre. Sono i casi in cui i figli arrivano a rifiutare ogni forma di dialogo e anche di incontro con l’altro genitore.
  • La triangolazione => È definita come una coalizione instabile in cui ciascun genitore desidera che il figlio parteggi per lui contro l’altro; quando il figlio si schiera con uno dei genitori, l’altro definisce la sua presa di posizione come un tradimento. Se c’è una triangolazione, il figlio rimane come paralizzato in quanto cerca di dare ragione e affetto sia all’uno che all’altro.
  • La deviazione => Due persone in conflitto tra loro spostano il conflitto su un terzo. Nelle famiglie separate in cui il conflitto non è esplicitato per cui non è possibile negoziarlo e risolverlo, il figlio può arrivare ad agire comportamenti devianti o a presentare manifestazioni sintomatiche in quanto entrambi i genitori sono rigidi sul loro modello educativo.

I figli che iniziano una SAP hanno di solito tra i 7 e i 12 anni. Sono abbastanza grandi da capire cosa sta succedendo nella famiglia, e nello stesso tempo il loro spirito critico non è abbastanza affermato per proteggersi dall’influenza di uno dei due genitori. Si può incontrare la SAP anche durante l’adolescenza, ma è molto più delicato distinguere le cose tra il rifiuto dei genitori abbastanza classico per gli adolescenti e la manipolazione da parte di un genitore alienante.

Questi figli hanno di primo acchito un comportamento globale assolutamente normale, sono perfino estremamente buoni e maturi per la loro età. I risultati a scuola sono normali. In apparenza sono dei figli in perfetta salute psichica. Si comportano anche molto bene in casa del genitore alienante. Non sembrano conoscere l’angoscia da separazione. Ma in presenza del genitore alienato si comportano da veri piccoli mostri e fanno a gara di ingegnosità per ferirlo. Per lealtà nei confronti del genitore alienante che vedono come una vittima costituiranno il prolungamento di questa mano vendicativa.

Fanno “come se” uno dei genitori non esistesse, anzi rappresentasse un potenziale pericolo per loro. Si chiudono quindi all’interno di un nucleo familiare più ristretto e per loro più rassicurante perché li rimette nella relazione simbiotica dei primi mesi di vita conferendo loro l’onnipotenza.

Bisogna sempre tener presente che i figli tentano innanzitutto di sopravvivere in una situazione drammatica. Devono gestire la separazione e la perdita di una persona cara in condizioni altamente conflittuali, gestire questo conflitto a livello loro, portando avanti il proprio sviluppo personale di bambini.


( segue nei prossimi post ....)