" ... Il libro della vita comincia con un uomo e una donna in un giardino e finisce con .... l'Apocalisse"

Oscar Wilde

venerdì 15 ottobre 2010

I conflitti di coppia e la Mediazione ....



“La natura umana era in origine unica e noi eravamo interi, e il desiderio e la caccia dell’intero si chiama amore” (Platone, Simposio).

Come abbiamo visto nel post precedente il conflitto psichico è l’opposizione che si presenta tra la personalità e l’ambiente o all’interno della personalità tra diverse istanze : esso è inevitabile in ogni relazione.

Quando nella sua attivazione quotidiana, la coppia è percorsa da frequenti “turbolenze” o vive gravi squilibri nell’armonia affettiva entra nell’area del conflitto. Viene meno l’equilibrio e, spesso, è difficile comprendere fino a che punto gli elementi di rottura attribuiti all’uno abbiano influito sulla stabilità affettiva dell’altro o, viceversa e soprattutto è difficile ricercare gli elementi che hanno causato il cambiamento della proposta iniziale della relazione affettiva.

Per analizzare il conflitto il mediatore deve partire da un punto essenziale della storia della coppia: come si è scelta e quale è stato il “patto segreto” di fondo (leggi qui ).

Nella fase dell’innamoramento ci si isola dal resto del mondo, si vive in simbiosi, come in una bolla in cui i partner riflettono solo loro e le loro parti migliori. L’altro è idealizzato, non ci si sofferma più di tanto sulle piccole avvisaglie di conflitto per il bisogno di fare innamorare di sé, spesso si dice: “Poi cambierà”, nutrendo, in questo modo, il pensiero magico di essere in grado con il nostro amore di cambiare l’altro secondo il nostro bisogno.

“Che cosa farai per me? Mi aiuterai? Mi ascolterai? Mi farai sentire bene? Realizzerai i miei sogni? Sarai il padre che io non ho potuto avere, la madre che non ho avuto? Adesso che mi sono innamorata di te, tu hai il dovere di far scomparire le mie sofferenze. Ascoltami, guariscimi, fammi stare bene….”.

La relazione di coppia diviene insomma una opportunità tramite cui crediamo di poter guarire una volta per tutte le ferite d’amore, le carenze affettive, le delusioni subite durante l’infanzia e il partner diviene per certi aspetti un sostituto di nostro padre, di nostra madre (o di entrambi) e inconsciamente lo invitiamo – talvolta sfidiamo - ad amarci in modo totale, ad accettarci per quello che siamo, ad essere il genitore perfetto che non abbiamo mai avuto ma abbiamo sempre desiderato.

Poi, dopo la fase simbiotica, nel momento in cui si ritorna all’IO, ci si accorge che qualcosa non và: “Non è più come prima, questo non l’avrebbe mai fatto”. Subentrano,quindi, fasi meno brillanti in cui si prende coscienza dei limiti del partner e dei suoi lati meno lucenti: l'ombra. E' qui che nascono le prime incomprensioni, le prime delusioni, i primi conflitti che poi, se manca una reciproca capacità di comunicare (e quasi sempre manca) inevitabilmente vanno ad accentuarsi fino a portare alla crisi.

Le maniere di affrontare il conflitto, che come processo va comunque visto positivamente, ricordiamo che il conflitto è un problema da gestire non una guerra da combattere,variano da persona a persona; l’importante per il Mediatore è individuare, in modo da rimandarlo alla coppia per aiutarla a consapevolizzare le proprie dinamiche interne, le modalità di gestione del conflitto che possono essere:

=> EVITAMENTO: il conflitto è ritenuto pericoloso e quindi va evitato: la coppia non litiga. Spesso ciò accade perché non si vuole che i figli siano al corrente delle disarmonie coniugali e quindi si nega la presenza del conflitto. In presenza dell’evitamento possiamo trovarci davanti a partner ambedue con tratti evitanti: per loro è difficile riconoscere i propri bisogni e, di conseguenza, non mettono in atto strategie per soddisfarli; la frustrazione è alta, si allontanano e si arriva alla rottura.

=> GESTIONE COMPLEMENTARE O VITTIMIZZAZIONE: si aderisce alle richieste dell’altro senza dare spazio ai propri bisogni, si elimina se stessi, per cui ci si sente vittima: al crescere dell’aggressività dell’uno (carnefice) si accentua il ritiro dell’altro (vittima).Questa modalità, molto spesso, è il frutto di un bisogno inconscio: la vittima si è cercata il partner carnefice e potrebbe avere ella stessa tratti passivi aggressivi. In questa relazione la “vera forte” è la vittima mentre il carnefice potrebbe essere un debole che ha paura della vittima che percepisce forte. La coppia, in questo caso, opera inconsciamente delle identificazioni proiettive reciproche: uno si sente vittima e proietta la propria aggressività sull’altro che la agisce e viceversa; entrambi hanno bisogno di stare nel conflitto come chiusi in una gabbia virtuale dove è difficile vedere l’uscita.

=> GESTIONE SIMMETRICA O ESASPERAZIONE: si elimina l’altro agendo come se non esistesse. Al crescere dell’aggressività dell’uno, cresce anche l’aggressività dell’altro e al decrescere nell’uno, decresce anche nell’altro. L’unico vero bisogno è quello di essere riconosciuto dall’altro ed il litigio serve per rimanere in contatto. La coppia litiga in maniera violenta con degli alti e dei bassi e questo esclude che ci sia un vincitore e un vinto. Ci si accusa di cose diverse:” tu cucini male!” … “tu torni tardi a casa la sera!”, non si litiga su un tema; c’è solo lotta di potere per il riconoscimento reciproco.

=> SPOSTAMENTO: la coppia qui si presenza tranquilla perché evita il confronto diretto, in quanto ciascuno pensa “se entro in conflitto mi faccio male”.

In questo caso il conflitto viene “spostato”:

  • Sulla persona: non litigo con te ma con un altro, ad esempio: il capo, il figlio, un amico.
  • Sul tema conflittuale: non si litiga per il vero problema ma si sposta il conflitto su qualcosa di altro: ad esempio non litigo con te per un problema di potere, ma per l’educazione dei figli.
  • All’esterno: si cercano alleati quali amici, figli, avvocato oppure mediatore stesso che litigano in loro vece per farsi dare ragione.

=> NEGOZIAZIONE COL TERZO O FALSA NEGOZIAZIONE: si ricorre ad una terza persona, a qualcuno che decida per la coppia: l’avvocato, il giudice, il counselor.

Come ho detto sopra il conflitto è sempre presente nelle relazioni e non è necessariamente un elemento negativo, in quanto può favorire il cambiamento.

Va anche detto, tuttavia, che il conflitto, se non è ben gestito, può essere distruttivo cioè portare alla competizione favorendo processi distruttivi e irrecuperabili nella relazione.

Ricordiamoci che le principali vittime dei conflitti familiari sono i FIGLI. Quando si litiga si è talmente presi da sé e dai propri problemi che si finisce con il dimenticare i figli. Non ci si può preoccupare dei bambini mentre si sta cercando l’argomentazione adatta a controbattere o mentre le grida e le accuse dell’altro aumentano la “propria” sofferenza.

Paura, ansia, sensi di colpa. Sono queste le principali reazioni emotive dei piccoli di fronte ai continui litigi dei propri genitori. Una serie interminabile di sentimenti negativi che, a lungo andare, rischiano di generare nei ragazzi una tendenza all’isolamento sociale e un senso di ostilità nei confronti di unioni e matrimoni. Imparare a gestire i conflitti non è facile, ma è senz’altro doveroso. Per assicurare serenità ai propri figli, per educarli a risolvere le situazioni con intelligenza e per permettere loro di continuare il proprio cammino di crescita con la necessaria apertura alla vita e alle possibilità di amore e condivisione che questa può offrire.

Difficile far finta di niente di fronte alle provocazioni, difficile fare un passo indietro e mantenere la calma quando la tensione raggiunge livelli inaccettabili. Tuttavia gestire il conflitto è possibile. Basta fermarsi ad ascoltare, imparando a riconoscere i limiti costruttivi di ogni dialogo e di ogni diverbio. E accettare, in molti casi, l’aiuto di una guida esperta, di un “terzo estraneo imparziale” non coinvolto nel conflitto che, proprio per questo, riesca ad individuarne in modo chiaro le motivazioni.

Il processo di Mediazione aiuta la coppia a sviluppare la consapevolezza, elabora alternative e consente di utilizzare le capacità decisionali dei partner, riducendo gli effetti negativi derivanti dal conflitto. Si impara nuovamente a comunicare, dando spazio all’ascolto reciproco e come moderni alchimisti, diventare capaci di prendere il conflitto - spesso doloroso, pesante, oscuro, qualcosa di cui liberarsi - per trasformarlo in qualcosa di altro, notevolmente più prezioso.

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