" ... Il libro della vita comincia con un uomo e una donna in un giardino e finisce con .... l'Apocalisse"

Oscar Wilde

mercoledì 20 ottobre 2010

Risentimento e vita di coppia ...



“E’ possibile, durante circa mezzo secolo, osservare solo un lato della creatura che divide la nostra vita? E’ possibile che noi facciamo, per abitudine, la scelta delle sue parole e dei suoi gesti, ritenendo solo quelli che alimentano i nostri dolori e conservano il nostro rancore?” domanda con cui ci lascia Francois Mauriac nel suo romanzo Groviglio di vipere. Ebbene sì purtroppo.

La vita coniugale (e familiare) è un luogo in cui possono radicarsi svariate forme di risentimento. Sono possibili frustrazioni e incomprensioni se non si fa regolarmente pulizia con il dialogo e non si vivono insieme esperienze gradevoli.

Quando si vive insieme, ci si imbatte in numerosi “crocevia del divorzio” dove, sospinti dai venti del risentimento, si può prendere la direzione sbagliata.

I conflitti sono normali , come ho ampiamente spiegato nei post precedenti, quello che fa la differenza tra le coppie funzionali e disfunzionali non è tanto la loro frequenza quanto la loro ampiezza (fino a che punto arrivano? E cosa nascondono? ..) e le loro conseguenze (lasciano tutti uno strascico di stati d’animo di risentimento che inquinerà la continuazione del rapporto e frenerà la riconciliazione?? ..).

In questi conflitti “patologici”, non c’è desiderio di soluzione quanto piuttosto di punizione, non c’è ricerca di collaborazione ma di dominanza (chi ha ragione? Chi merita di essere punito? Chi deve chiedere scusa all’altro ? ..).

Le coppie che funzionano dispongono di una capacità di “lasciar passare le burrasche”, anche se i due partner non hanno sistemato il problema di fondo. Infatti, a volte, ci sono problemi che semplicemente non possono essere risolti (la famiglia acquisita ne è un classico esempio). Allora li si tollera, li si nasconde con l’amore, l’affetto e il tempo che passa. Nel frattempo gli stati d’animo positivi vissuti insieme e condivisi hanno mitigato il risentimento, impedito il rimuginio e reso possibile un dialogo benefico.

Nelle coppie in difficoltà, in compenso, ogni conflitto si avvelena, e ogni tentativo di discutere diviene a sua volta una fonte di conflitto in cui ci si irrita per il comportamento del coniuge nello scambio. Spesso, il “bubbone scoppia” e allora invece di mettere fine al conflitto si continuerà a rimuginare all’infinito sul conflitto stesso con la conseguenza di solidificare tutti i ricordi sparsi di ulteriori conflitti. La nostra memoria conferirà loro una coerenza di cui non dispongono necessariamente, e ci costruirà sopra una storia di fallimento, di incomprensioni, di disinganno delle aspettative.

Più ci pensiamo, più attiviamo il circolo cerebrale che poi assocerà ad ogni litigio questa storia di rapporti conflittuali a cui ormai riconduciamo la nostra coppia. E, in men che non si dica, finiamo per vedere l’altro unicamente come un aggressore che suscita la nostra contrarietà e riusciamo a percepirne solo i lati peggiori.

Questo circolo chiuso di colpevolizzazione reciproca porterà la coppia da un punto morto: invece di essere l’uno per l’altro, ciascuno penserà al proprio partner come ad uno ostacolo. E’ questo un momento molto difficile perché si vede svanire tutto il sogno e il progetto d’amore. Improvvisamente si prova solitudine, e colui/colei che prima era tutto ora sembra un intralcio al progetto stesso.. Siamo nel punto morto della comunicazione.

Quando si arriva a questo stadio, ciò che viene mutilata non è solo la comunicazione in sé, ma il fatto di non considerare il proprio partner come persona, trascurando completamente la sua situazione, i suoi sentimenti, le sue richieste.

Il partner viene sostanzialmente negato nel suo diritto di essere ascoltato e considerato, la nostra sofferenza è troppo grande per far posto ad un’altra sofferenza. E’ come se egli ricevesse continuamente il messaggio: “Non mi importa più nulla di te; non mi interessa la tua vita; né te come persona. La nostra relazione non esiste; io so farne a meno; tutto sommato, vedi, io non ho bisogno di te”.

Di qui l’utilità di un percorso di coppia , che non è detto che porti necessariamente alla separazione, per imparare nuovamente a comunicare, ascoltando l’altro e allo stesso tempo trasmettendogli quello che si prova, senza giudicare il suo comportamento, senza accusarlo. Questo significa da una parte sanare le ferite che si sono sovrapposte le une alle altre, alcune delle quali possono essere anche molto profonde. Dall’altra significa mediare esigenze e stili di vita che con il passare del tempo hanno preso strade differenti. Dall’altra ancora significa trovare il coraggio di mettere in discussione in primo luogo se stessi, e poi anche i modelli che la famiglia di origine ci ha lasciato come una impalpabile ma pesante eredità.

Far rinascere o rifiorire una relazione ritrovando così la gioia piena dello stare insieme, oppure decidere che la vita della coppia è al capolinea , lasciarsi rimanendo comunque complici e, soprattutto nel caso vi siano figli, con la stessa progettualità di essere Genitori Insieme …..


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