" ... Il libro della vita comincia con un uomo e una donna in un giardino e finisce con .... l'Apocalisse"

Oscar Wilde

mercoledì 13 ottobre 2010

Sul Conflitto ...


Nei post precedenti ho nominato molto la parola “conflitto” che è poi è il nodo cruciale della Mediazione: abbassare i conflitti per poter ri-prendere a comunicare. Oggi vorrei andare un po’ più a fondo per rendere più chiaro cosa significa “conflitto” in modo da esorcizzare la paura di affrontarlo che molto spesso sta alla base della crisi di coppia. Aver paura del conflitto vuol dire cercare di allontanarlo in tutti i modi dalla coscienza e quindi perderne il controllo.

Il conflitto che è considerato una dimensione inevitabile di qualsiasi relazione è parte integrante della nostra vita e sorge ogni volta che due soggetti che entrano in relazione hanno la necessità di attuare questa modalità di rapporto.

Conflitto dal latino “Conflictu” => “confligere” = Combattere, Battere insieme; è uno stato di tensione in cui un individuo viene a trovarsi quando è sottoposto alla pressione di impulsi, bisogni e motivazioni contrastanti, a causa di una situazione creata da lui stesso o da terzi.

Uno dei primi a parlare di conflitto è stato Sigmund Freud che distingue un:

  • conflitto manifesto quando esistono due sentimenti contrapposti dei quali la persona è sufficientemente conscia;
  • conflitto latente se gli elementi manifesti, ammesso che ve ne siano, svolgono funzione di copertura, spesso deformata, nascondendo il reale conflitto.

Freud considera il conflitto un elemento centrale della sua teoria; si possono identificare tre diverse modalità di conflitto nell'opera Freudiana che ripercorrono l'evoluzione del suo pensiero:

  1. conflitto tra principio di piacere e principio di realtà;
  2. conflitto tra pulsioni sessuali e pulsioni di autoconservazione (dette anche pulsioni dell'io);
  3. conflitto tra pulsioni di vita (Eros) e pulsioni di morte (Thanatos).

L'ultimo tipo è quello maggiormente sviluppato nell'odierno panorama psicoanalitico.

In sintesi il conflitto sta tra il voler fare una cosa e il suo opposto; per la psicologia cognitiva si parla di “dissonanza cognitiva” => concetto introdotto da Leon Festinger (vedi qui) basato sull'assunto che un individuo mira normalmente alla coerenza con se stesso. Quando i pensieri, le emozioni o il comportamento sono in conflitto tra loro l'individuo prova disagio e tende a eliminare quelli in contraddizione.

Il conflitto può essere:

INTRAPSICHICO => riguarda i desideri o le mete contrastanti appartenenti al soggetto

oppure

INTERPERSONALE => si sviluppa tra due o più persone quando la soddisfazione di un desiderio o il conseguimento di un obiettivo da parte del singolo entra in contrasto con i desideri o gli obiettivi di altre persone.

Il Conflitto Intrapsichico è determinato dal contrasto tra la realtà e le credenze, i bisogni e i sentimenti. Le credenze sono convinzioni irrazionali apprese nell’infanzia e interiorizzate; esse sono rappresentate dagli introietti di:

  • Valori
  • Standard
  • Giudizi

Le persone introiettano valori standard e giudizi su come dovrebbero essere (vedi … Ingiunzioni, copioni… vedi qui)

Il conflitto lascia spesso la persona immobilizzata e può determinare ansia, depressione, perdita di autostima.

Il Conflitto Intrapsichico inoltre può manifestarsi in maniera :

· EEsplicita => gli aspetti del Sé che sono in opposizione vengono entrambi esplicitati (esempio: “dovrei fare questo ma non posso …”, “vorrei fare questo ma non sono capace …”)

IiiiiImplicita => in cui un aspetto del Sé, quello che parla, valuta, condanna o costringe un secondo aspetto del Sé, quello del comportamento, a cui non si riferisce esplicitamente, sotto forma di autovalutazioni negative (“non valgo niente”, “sono cattivo …timido..”) o di autoaffermazioni coercitive (“ non dovrei essere arrabbiato … dovrei lavorare di più ..”)

Ma quanti e di che genere sono i conflitti?

Nella psicologia del comportamento si distinguono tre tipi di conflitto:

  • Attrazione-Attrazione => più mete desiderabili che si escludono a vicenda
  • Repulsione-Repulsione => quando la scelta è tra due prospettive sgradevoli per cui si tende a sfuggire il dilemma
  • Repulsione-Attrazione => quando la stessa cosa presenta incentivi positivi e negativi

“I conflitti Attrazione-Repulsione sono alla base di problemi comportamentali relazionali più o meno gravi i quali ruotano intorno ai temi: indipendenza-dipendenza, cooperazione-competizione, dove la soluzione del conflitto è solitamente nella forma di compromesso accettabile” (U.Galimberti – Dizionario di Psicologia, ristampa 2006)

Il conflitto come processo va tuttavia visto positivamente, come possibile momento di crescita personale e di miglioramento della qualità delle relazioni, quello che conta è, infatti, il modo in cui si reagisce alla situazione conflittuale.

Per gestire al meglio le diverse divergenze nel contesto delle relazioni, è necessario concentrare l’attenzione sulle modalità comunicative che generalmente si adottano, ed essere disposti ad usare delle tecniche efficaci che permettano il raggiungimento di una mediazione soddisfacente per sé e per l’altro. È altrettanto necessario essere disposti ad aprirsi a punti di vista alternativi e ad abbandonare schemi rigidi di pensiero fondati su una visione dicotomica (torto/ragione; giusto/sbagliato).

In particolare per la gestione dei conflitti sono necessarie tre dimensioni:

  • La consapevolezza delle proprie emozioni: nelle situazioni conflittuali è molto presente la componente emotiva e, spesso, lo stato affettivo prevalente è la rabbia. La reazione emozionale si esplica attraverso l’attivazione del sistema vegetativo che comporta una risposta in tutto il corpo. È utile non controllare, né reprimere uno stato affettivo perché fornisce delle informazioni precise su di sé e su come si reagisce in una determinata situazione. Un’accurata auto-conoscenza aiuterà a scegliere la modalità comportamentale più efficace, momento per momento.
  • L’ascolto empatico: l’ascolto attento dell’altro implica la capacità di aprirsi a una lettura della situazione diversa dalla propria, come se il proprio punto di vista fosse soltanto uno dei tanti possibili perché rispecchia la personale “mappa del mondo”. Ciò comporta il non rifiutare o squalificare l’altro o ciò che propone ma accettare la sua personale visione della realtà.
  • La gestione creativa: dall’incontro di diversi modi di interpretare una situazione, si può arrivare a una sintesi creativa che consenta il soddisfacimento dei bisogni e dei desideri delle persone coinvolte. Per questo è necessario mettere a fuoco il problema, chiarire gli interessi di tutti e affrancarsi dalle modalità di risoluzione inefficaci usate fino a quel momento.

Compito del Mediatore sarà quindi orchestrare in una partitura armonica le varie istanze dei due partner in modo che prendano progressivamente coscienza del loro modo di relazionarsi, dei loro bisogni e delle loro aspettative così da raggiungere quel “divorzio psichico” preludio per una nuova progettualità individuale.


(se vuoi approfondire il concetto di polarità e conflitto leggi qui)

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